3 PROMOZIONE

122 9 0
                                    

Nello smisurato cortile del castello, la festa non era che un lontano brusio.

Erano state aperte le danze da ormai diverse ore, ma c'era ragione di credere che i festeggiamenti sarebbero durati ancora a lungo.

Amila inspirò profondamente i profumi della notte ad occhi chiusi. Accanto a lei, il rumore dell'acqua della fontana la distraeva dai suoi pensieri.

Non era più abituata a quel genere di cose. Non avevano mai fatto per lei ed aveva sempre detestato fingere i sorrisi, camminare sui tacchi e parlare forzatamente con tutti quegli uomini pronti a vantarsi riguardo ai propri possedimenti. No, quella vita, in fondo, non l'aveva mai desiderata.

Ricordava che, più volte, quando suo padre era ancora vivo, era stata costretta a partecipare alla vita mondana dei nobili. Quella serata non era stata altro che un tuffo nel passato.

«Così... ti hanno anche insegnato ad indossare le gonne!» A quella voce, Amila si sistemò meglio sul bordo della fontana, voltandosi a guardare il ragazzo con un sorriso. «Che difficoltà immane deve essere stata...» continuò lui. Le guance di Amila si imporporarono un poco mentre un sorriso dolce-amaro le si dipingeva in volto. Ernik.

Il rapporto, fra loro, era ancora piuttosto strano. La verità era che, per quanto lui non volesse ammetterlo, quel ragazzo provava qualcosa per la ragazza-demone. Amila glielo aveva letto negli occhi e, per quanto le costasse, non poteva ignorare questo fatto fingendo che fra di loro fosse ancora tutto come prima.

Amila scosse il capo, cacciando indietro i suoi pensieri: «Parli proprio tu!» scherzò indicando l'abito da cerimonia indossato dal ragazzo. «Sembri un damerino conciato così!» Certo, non avrebbe mai confessato davanti a lui quanto risultasse affascinante in quelle vesti...

Ernik le si avvicinò e le porse una mano, invitandola ad alzarsi. Lei, atteggiandosi da gran signora, stette al gioco e lasciò che la prendesse sottobraccio per passeggiare. «Però devo ammettere che stai bene vestita come una donna...»

«Ah-ah molto divertente...» commentò la ragazza spostandosi indietro i capelli castani quasi del tutto sciolti che, oscillando, scivolarono fino all'altezza del suo fondoschiena. Amila di rado teneva sciolta la sua chioma fluente, ma, quella sera, le domestiche a corte le avevano proibito di legarsela, salvo per una piccola treccia che, appuntata sopra la testa e ornata con dei piccoli fiori freschi, impediva ai capelli di ricaderle sul volto. Nel complesso, la ragazza appariva più femminile di quanto non si sentisse. Ma, in fondo, era proprio per questo che aveva apprezzato il commento di Ernik. «Grazie, comunque» disse infatti.

Il ragazzo scosse le spalle guardando avanti a se, senza mollare la presa dal suo braccio mentre passeggiavano lentamente fra cespugli curati del giardino. «Dovresti indossarle più spesso» dichiarò senza voltarsi.

«Sai, non ho avuto modo di curarmi della mia femminilità negli ultimi anni... ero troppo occupata ad evitare di farmi ammazzare!»

Si era vestita da uomo così tante volte che, ora, non riusciva a trovarsi a proprio agio in quegli abiti. Se, in quel momento, le avessero dato un'uniforme, Amila si sarebbe sbarazzata molto volentieri di quegli indumenti pieni di fiocchi e tessuti raffinati.

Ernik la fissò con la coda dell'occhio, l'espressione divertita nel leggere tutto il suo disagio. «Ora ne avrai l'occasione» le fece presente. Ed entrambi sapevano quanto quella frase volesse dire più di ciò che all'apparenza esprimeva. Era il simbolo di una nuova vita, la constatazione che il loro lavoro, le loro consuetudini stavano per cambiare.

Non sarebbero stati mandati al fronte. Ciò che sarebbe stato di loro, in verità, era ancora molto incerto. Ma Amila dubitava che si sarebbe presto riabituata alla vita da nobildonna, benché i soldi ottenuti dal suo servizio avessero riportato la sua famiglia al suo originario benestare.

«Non ci fare troppo l'abitudine!» sottolineò la ragazza con un ghigno canzonatorio.

Ernik scoppiò in una risata che fece sorridere la ragazza. «Non sia mai che si dica che Amila si vesta in modo raffinato...»

«Ne andrebbe della mia reputazione!» I due risero nuovamente e Amila sentì una parte di tensione scivolarle lontano dal corpo.

Ernik le afferrò la vita continuando a camminare e le diede un pizzicotto, facendola sussultare. «Eh già, chi vorrebbe avere a che fare con una donna che sembra una donna!»

Amila, in risposta, gli diede uno spintone lanciandogli un'occhiata di finto risentimento, senza però riuscire ad essere credibile.

In quell'istante, voltandosi, la ragazza scorse la figura familiare di qualcuno che, per lei, era stato molto più che un amico.

«Kas!» esclamò lei ritrovandoselo di fronte, a poco più di una decina di metri.

«Io... ehm... Spero di non aver interrotto niente».

Ernik lasciò la presa dal fianco di lei. «Non...»

«È successo qualcosa?» lo interruppe Amila. Non voleva che lo dicesse. Non voleva sentirsi dire che fra di loro non c'era più nulla, che erano solo amici.

Benché una parte di lei fosse consapevole che le cose avrebbero potuto non tornare più come prima, vi era un'altra parte che si rifiutava di accettare l'idea che la situazione fosse già di per sé irreversibile.

Era successo tutto insieme: il ritorno di Kaspiro, l'arrivo di Dazira... ed Ernik era cambiato. Si sentiva palesemente in colpa nei confronti del suo amico per aver approfittato della sua assenza per "rubargli" Amila e, aggiungendoci il fatto che Dazira continuava a sfilare davanti al suo naso con quei grandi occhi azzurri, Ernik non ne era rimasto del tutto indifferente.

«A dire il vero, vi stavo cercando» dichiarò Kaspiro dopo un sospiro, avvicinandosi un poco. Era vestito in modo elegante, con la stessa giacca che era stata assegnata ad Ernik. «Devo annunciarvi una cosa: avete di fronte a voi un nuovo membro del consiglio del principe!» esclamò tradendo tutta la sua eccitazione. In altre parole, Kaspiro era stato scelto come spia a corte.

Ernik gli si avvicinò sorridente. «Che cosa?» chiese con foga mentre un guizzo d'orgoglio gli brillava negli occhi. «Kas, è grandioso!»

«È pericoloso» sottolineò la ragazza, lisciandosi la gonna dai toni bronzei. «Solo il Cielo sa, ora che la guerra è finita, quanto lavoro avranno le spie dal momento che tutti sanno che alla corte di Forterra c'è qualcosa di davvero appetibile!» spiegò con una smorfia appena trattenuta.

Ernik si voltò verso di lei, gli occhi nocciola che brillavano alla luce della luna. «Ti riferisci a Dazira?» domandò, senza, però, attendere risposta: «Ehi, ma tu quando l'hai saputo?»

«Cinque minuti fa!» rispose Kaspiro abbracciando l'amico con crescente entusiasmo. «Il principe Arthis mi ha ordinato di seguirlo fino al suo studio e mi ha detto che per merito della mia "eccellente condotta" in missione ha deciso di premiarmi e che "ce ne vorrebbero altri" come me! Ci credi?»

«Te lo sei meritato, amico!»

Già, la missione. Quella dannata missione! Se non fosse stato per quella missione, probabilmente, tra lei ed Ernik non sarebbe mai successo nulla! Kaspiro era partito poco dopo la nomina di cavaliere alla volta di Loas, come infiltrato e, per mesi, nessuno aveva avuto sue notizie...

Ed ora erano lì tutti e tre, con ancora un velo d'imbarazzo fra di loro, a raccogliere i frutti delle loro discutibili scelte.

Kaspiro ancora non le parlava. Non direttamente. Il più delle volte, ignorava apertamente ciò che lei stava dicendo, dimostrando così tutto il suo risentimento nei suoi confronti.

In fin dei conti, pensò lei, è del tutto comprensibile.

Si domandava soltanto se il suo odio avrebbe visto una fine. Se, un giorno, Kaspiro l'avrebbe perdonata.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora