La stanza era piccola. Troppo piccola.
Arthis aveva sempre amato il suo studio così semplice e privo di fronzoli. Ma, quelle pareti spesse e cupe, ora, parevano restringersi ed il ragazzo avrebbe voluto trovarsi altrove. Qualunque posto sarebbe andato bene, davvero... ma lì, ora, gli mancava l'aria.
Gineris era stata legata alla sedia con delle spesse funi così strette che i suoi polsi – solitamente cinerei – si erano fatti rossi.
Il re aveva ordinato a tutti di uscire. Tutti tranne Pheanie. Lei, in quel momento, era la sua ancora, l'unica persona della quale il ragazzo avesse piena fiducia. Se c'era qualcuno che non l'avrebbe mai tradito, quella era Pheanie.
La principessa aveva i ricci neri raccolti in una crocchia ed era in piedi, appoggiando elegantemente l'ampia gonna lunga di velluto alla pesante scrivania in legno massiccio che troneggiava al centro dell'ambiente.
Arthis si voltò verso Gineris, sforzandosi di guardarla negli occhi. Ma non ne fu capace.
Quelle grandi perle grigie l'avevano ingannato troppe volte. Gineris non era la candida ragazza che il suo aspetto lasciava intendere. C'erano, ormai, troppi tasselli che mancavano all'appello e lui ne era certo: Gineris non era più dalla sua parte... forse non lo era mai stata.
Perché nascondergli tutte quelle informazioni? La ragazza doveva prepararsi a dare le sue più valide giustificazioni se voleva aver salva la pelle. Ma, in fondo, Gineris non pareva così interessata a difendere la sua posizione. Non aveva nemmeno opposto resistenza.
Poi lo ammise. Lì, davanti a loro, ammise che non era lì per caso, che qualcuno, nella Setta delle Quattro Lame, l'aveva mandata lì come infiltrata. E tutto ebbe amaramente senso.
Arthis si sentì cedere le gambe, ma non si arrese alla scompostezza. Semplicemente, per un tempo interminabile, rimase in un glaciale silenzio.
Poi, senza attendere ulteriori spiegazioni, mosso solo dalla rabbia, il re fece qualcosa che mai, nella sua vita, si era permesso di fare: si avvicinò alla ragazza e, senza guardarla negli occhi, le tirò uno schiaffo.
Il rumore assordante sembrò risuonare nell'ambiente attraverso le pareti, ma quella sensazione, stranamente, non lo fece sentire meglio.
L'aveva tradito. Li aveva traditi tutti. Aveva tradito il suo regno, il suo re ed aveva tradito lui, come sovrano e come uomo: aveva tradito la sua fiducia.
Gineris alzò il capo e mostrò la guancia arrossata. I capelli le ricadevano scompostamente ai lati del volto, incorniciandole i lineamenti tanto dolci da riuscire a far cadere il principe ereditario nella sua subdola trappola. «So come ti senti» mormorò la ragazza con un filo di voce.
Arthis sentì la nausea farsi quasi insopportabile. «No, non lo sai».
«Credimi» confermò Gineris in tono affettato «lo so». La sua voce, calma e malinconica, pareva trattenere l'inquietudine che il suo volto tradiva.
No. Arthis non si sarebbe fatto ingannare ancora una volta! Credimi. Ci voleva davvero un bel coraggio! «Perché dovrei crederti?» domandò il re, tagliente.
«Empatia». Non era stata Gineris, però, a parlare. La voce proveniva dalle spalle del ragazzo, ed era quella di sua sorella.
Arthis si voltò verso Pheanielle, seccato a causa della propria ignoranza. «Cosa?»
«Lei è empatia, un demone» mormorò la principessa con lo sguardo fisso sulla spia legata alla sedia. Poi, senza dare ulteriori spiegazioni, si avvicinò alla ragazza, che stava ricambiando l'occhiata con espressione sorpresa. «Qual è il tuo supplizio?» le chiese. Il supplizio. Di cosa cavolo stava blaterando?
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LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potere
Fantasy[COMPLETO] La guerra è finita e i regni sono, oramai, in pace. Ma qualcos'altro minaccia la corona di re Gohr... qualcosa di molto più infido e pericoloso; un nemico invisibile pronto a tutto per ottenere ciò che vuole. Terzo ed ultimo capitolo del...