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Il buio sarebbe calato di lì a poche ore. Sarebbero giunti alla piccola cittadina l'indomani pomeriggio, a giudicare dal passo al quale stavano procedendo, constatò Kaspiro.

Dal bosco, iniziavano a risuonare nell'aria i rumori degli animali notturni e l'ambiente, così ospitale durante il giorno, appariva, ora, un luogo assai meno tranquillo.

L'intero viaggio era stato noioso e frustrante. I malati sembravano cedere di ora in ora e Kas, nell'osservare Amila, aveva notato il lento procedere dell'agonizzante resistenza al morbo che le stava prosciugando le forze.

Era preoccupato, non poteva negarlo. Ogni minuto che passava, era una speranza in meno. Già da un paio d'ore, infatti, la ragazza era stata costretta a rinunciare al cavallo e a salire sul carro insieme a tutte le persone affette dalla malattia, tra cui qualcuno a cui pareva restare non più di un giorno di vita.

Kaspiro avrebbe voluto avanzare più velocemente, ma, ahimè, non era certo lui a dettare il passo.

C'erano troppe persone non abituate a spostarsi, alcune delle quali erano a malapena salite su un cavallo. Molti di loro erano stanchi, sfiancati dal morbo. Non era sicuro che, durante il tragitto, non sarebbe morto nessun altro. Amila era forte, ce l'avrebbe fatta.

Il ragazzo posò lo sguardo avanti a sé, osservando il lento ancheggiare dei cavalli che procedevano al trotto lungo lo sterrato. Ernik e Dazira erano, stranamente, in religioso silenzio. Con tutta probabilità, avevano discusso di nuovo.

Kaspiro afferrò la fiaccola accesa che il garzone sul ronzino gli stava porgendo e spronò il suo cavallo, che era uscito di poco dalla fila ordinata, a rimettersi in carreggiata.

Fu in quel momento che udì un fruscio, uno strano spostamento in mezzo alla vegetazione. Indirizzò il fuoco che teneva nella mano in quella direzione e li vide. Due occhi, occhi umani che lo stavano fissando. Ma fu solo un secondo, poi, dalla foresta, sbucò una donna che, con un'ascia in mano, si gettò proprio su di lui.

Non ebbe il tempo di reagire, tanto era vicino agli alberi. L'ascia colpì il fianco dell'animale e Kas si ritrovò a terra senza aver ben capito cosa fosse successo.

Intorno a lui si levarono le urla. Li stavano attaccando.

Kaspiro si sollevò immediatamente, lasciando la fiaccola a terra ed estraendo la spada giusto in tempo per difendersi dal nuovo attacco della stessa donna che, con uno slancio di rabbia, si era gettata di nuovo nella sua direzione.

Quella vista lo raggelò. In battaglia, di rabbia, ne aveva vista tanta. Ma c'era qualcosa di inquietante in quell'immagine: quella donna, probabilmente sulla trentina, forse madre, non aveva alcuna esperienza. Ad occhio e croce, non aveva mai tenuto un'arma in mano e, a giudicare da come era vestita, doveva trattarsi di una contadina.

Kas levò lo sguardo verso gli uomini che, urlando come ossessi, stavano attaccando la carovana. Nessun soldato. Tutti contadini armati di forcone, falce o ascia.

La donna urlò di nuovo e fece oscillare l'ascia. Il ragazzo deviò nuovamente il colpo; non voleva rispondere... perché era una donna e non aveva la sua esperienza nel combattimento corpo a corpo.

Ma lei non pareva intenzionata a fermarsi. Con la coda dell'occhio, Kaspiro vide avvicinarsi un altro bracciante, sulla cinquantina. Chiuse gli occhi ed affondò la lama nel corpo della ragazza, senza voltarsi ad osservarla cadere scompostamente a terra.

Un brivido gli percorse la schiena. Aveva ucciso uomini, tanti uomini. Ma era sempre stato diverso. In quel momento, un cuor suo, si sentiva un boia, un esecutore a sangue freddo... un macellaio.

Tra le file si levò un'ombra scura. Due ali nere pronte a lasciare una scia di morte. E fu ciò che la bestia fece.

Le urla di rabbia si trasformarono in gemiti di dolore. Come animali abbattuti, i braccianti caddero a terra senza nemmeno riuscire a comprendere come difendersi da quell'oscura figura dalle sembianze animalesche.

Passarono pochi istanti prima che lo sterrato nella foresta diventasse un tappeto sanguinoso di corpi.

L'odore acre e metallico del sangue intrise l'aria satura di morte.

Il garzone al fianco di Kaspiro si piegò in avanti, vomitando tutto il suo disgusto. Il cavaliere gli posò una mano sulla schiena, ricordandosi quanto anche lui, la prima volta in cui si era trovato sul campo di battaglia, avesse percepito la nausea così intensamente da essere riuscito a stento a trattenersi.

Poi l'occhio gli cadde sul corpo riverso a terra della donna e la nausea gli pervase lo stomaco nell'osservare le vesti opache e luride intrise di rosso. La bocca era aperta e mostrava i denti marci, anch'essi sporchi di sangue.

Kas deglutì e distolse lo sguardo, fissando lo scompiglio intorno a sé. Il suo non era stato l'unico cavallo ferito, ma, nonostante l'imboscata avesse colto tutti di sorpresa, i danni alla carovana erano stati assai limitati e nessuno di loro pareva essersi fatto male.

Trascorsero abbondanti minuti di trambusto in cui la confusione permise gran poco di comprendere appieno quanto fosse realmente accaduto.

Fu solo un'ora più tardi che Therar si avvicinò a lui a passo deciso, fermandosi alla giusta distanza per essere udito solo dal ragazzo. «Devi tornare a corte per informare Arthis» disse in tono piatto. «Porta con te due guardie, anche se dubito verrete attaccati ancora».

«Non pensi troveremo altri briganti lungo la strada?»

Therar, per qualche istante, non rispose. Si morse il labbro inferiore e sospirò. «Non credo che fossero briganti» dichiarò poi.

Kaspiro non capiva. Perché mai dei contadini avrebbero dovuto attaccare la carrozza reale? «Non sono briganti?»

«Non sarebbero così stupidi da attaccare cinquanta persone armate». Therar posò una mano sul fianco e scosse il capo, lo sguardo indecifrabile. «Quindi riporta l'accaduto al principe il prima possibile e riferiscigli anche le mie perplessità in merito».

Il ragionamento della spia non faceva una piega. Ma, ora più che mai, la mente di Kaspiro era immersa nell'incertezza. «Perché degli uomini armati di forca e bastone avrebbero dovuto fare qualcosa del genere?»

Ma Therar non rispose. Con tutta probabilità, non lo sapeva nemmeno lui.

Che stesse per iniziare una rivolta contadina ai danni della Corona?

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora