«Dazira! Quale piacere vederti, cara ragazza!» esclamò allegramente, la principessa Pheanielle, una volta uscite dallo studio del fratello.
«Anche per me, principessa! Avete ricevuto la mia lettera?» Dazira ricambiò l'entusiasmo, destandosi dall'espressione pensosa che le era comparsa sul volto dopo aver visto Ernik cogliere l'occasione per parlare da solo con Arthis – chissà cosa avrebbe dovuto dirgli... forse, il motivo per cui appariva così assente durante il colloquio di gruppo – e, dopo aver notato Therar dileguarsi con la rapidità di un gatto da ogni possibile ulteriore conversazione.
Pheanie sorrise gioiosa. Nonostante avesse superato i trenta, la sua fisionomia e i tratti fanciulleschi le toglievano qualche anno. «Con estremo piacere e interesse, a dire il vero. L'ho trovata così stimolante che non ho potuto fare altro che condividerla con mio fratello, spero non me ne vorrai...» mormorò studiando attentamente la reazione della ragazza.
Ne aveva parlato con Arthis? Davvero? Beh, strano da parte del principe interessarsi a qualunque informazione non fondata sulla concretezza. In ogni caso, mai Dazira sarebbe stata in grado di prendersela con Pheanie; anzi, quella ragazza aveva il potere di trasmetterle una positiva gioia di vivere ed una serenità che non aveva mai trovato in nessun'altra persona di sua conoscenza. Nemmeno in Ladon. «No, certo... Principessa, avete notato che il comportamento di Therar è strano?»
Pheanie si morse un labbro, voltando lo sguardo nella direzione in cui il ragazzo era scomparso. «Hai litigato con lui?» domandò.
Dazira scosse il capo. «Affatto» asserì convinta. «Mi chiedo perché sia così scostante».
La principessa parve pensarci per qualche istante, poi sollevò le spalle. «Conosci Therar: è imprevedibile. Magari ha solamente qualche pensiero in più per la testa. È successo qualcosa che può avergli dato fastidio?» chiese con dolcezza, accarezzandole la testa.
«N-no».
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Ernik era assorto nei suoi pensieri, mentre fissava assente l'ascia affilata fra le sue mani.
L'armeria era completamente deserta quel giorno. Dopotutto, il principe non aveva ancora dato ordini precisi sul da farsi e molti dei cavalieri avevano chiesto il permesso per poter tornare a casa dalle loro mogli. Persino Alyconte – quell'idiota di Alyconte – era riuscito a trovare qualcuno in grado di sopportarlo a tal punto da sposarlo. I miracoli, a quanto pareva, accadevano davvero, di tanto in tanto.
Il ragazzo si ritrovò a fantasticare su cosa avrebbe significato per lui, avere una moglie, e il pensiero cadde immediatamente sulla sera precedente, quando aveva baciato Dazira. Sentiva ancora su di sé il profumo dei suoi capelli e la morbidezza della sua pelle. Se mai avesse sposato qualcuna, sarebbe stata lei. Dazira non era per lui solo una bellissima ragazza, come tante lo erano state. Era la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro e che lui conosceva meglio di chiunque altro. Lui era perfetto per lei, almeno quanto lei era perfetta per lui. Tutto questo, però, l'aveva capito solamente negli ultimi mesi, quando, rivedendo il meraviglioso cigno che era diventata, la figura di Amila era andata ad affievolirsi sempre di più nei suoi desideri.
Amila. Quella ragazza era cambiata nei suoi confronti, e, di certo, Ernik non poteva colpevolizzarla per questo. Ora, però, la situazione era più strana del solito. Più di tutto, una strana sensazione dentro di lui si stava facendo largo.
Non si accorse nemmeno di chi era giunto nell'ambiente, tanto era assorto.
Così, quando Arthis si schiarì la voce, annunciando così la sua presenza, lo spavento lo fece sussultare. Ernik si voltò immediatamente, accingendosi a salutare il principe e a porgere le proprie scuse.
«Le tue supposizioni mi hanno fatto perdere un sacco di tempo, Ernik, ma questa pulce nell'orecchio non poteva essere lasciata a sé stessa» dichiarò Arthis in tono severo, mentre si passava una mano fra i capelli. Aveva l'aria stanca e le occhiaie segnavano profondamente il suo viso. La pregiata tunica rosso scuro che indossava sembrava più larga del solito: probabilmente era dimagrito. «Kaspiro non era con voi quando gli uomini sono stati guariti, perciò, non potendo rispondere, ho fatto convocare anche l'arciere che vi ha seguiti nelle ricerche... Rubgo, se non erro» continuò il principe.
«Rebjo».
«Sì, lui. Si sono confrontati e, a quanto pare, i nomi coincidono tutti». L'armeria parve raggelarsi e, la mente di Ernik, che, fino a qualche istante prima, era stata affollata dai pensieri, parve spegnersi tutto d'un tratto. Vuoto.
«Cosa significa, questo, mio signore?» chiese il ragazzo, con lo sguardo perso.
Arthis sbuffò e si appoggiò con una mano all'enorme bancone sul quale erano posate le asce. «Lo chiedo io a te. Cosa significa?» il suo tono era alterato, ma Erik era certo che egli non fosse adirato con lui.
«Dovranno essere interrogati ancora una volta. Temo che...»
Il principe lo interruppe con un gesto della mano. «Li ho già fatti rinchiudere. Verranno scarcerati quando verrà fatta chiarezza. Sembra assurdo che tutto ciò sia opera della mera coincidenza!»
Arthis aveva ragione. In quella corte, le coincidenze non esistevano. Ernik aveva imparato che il caso, alla luce dei precedenti avvenimenti, era un'ipotesi tanto rassicurante quanto remota.
E il sospetto che fosse tutto un complotto stava iniziando a diventare quasi una certezza.
Ciò che, invece, trovava più raccapricciante era l'idea che, fra le persone coinvolte, ci fosse proprio qualcuno di vicino a lui.
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LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potere
Fantasy[COMPLETO] La guerra è finita e i regni sono, oramai, in pace. Ma qualcos'altro minaccia la corona di re Gohr... qualcosa di molto più infido e pericoloso; un nemico invisibile pronto a tutto per ottenere ciò che vuole. Terzo ed ultimo capitolo del...