13 TERRIBILI SOSPETTI

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Giunsero nelle stalle della corte qualche istante prima che le fastidiose gocce di pioggia divenissero l'incessante acquazzone che avevano preannunciato.

Dazira mise le redini del meraviglioso stallone nero fra le mani di un ragazzo mingherlino che lavorava nelle scuderie del palazzo e seguì i suoi compagni nel cortile, sotto la pioggia.

Il castello si mostrava davanti a loro imponente e maestoso in quel paesaggio grigio e, nel cortile, erano diversi fra cortigiani, visitatori e postulanti che correvano per entrare nel magnifico edificio al fine di ripararsi dall'acqua.

I quattro camminarono svelti sull'erba curata e, giunti all'interno del castello, non persero tempo ulteriore. Il principe li stava aspettando.

«Le notizie, qui, non sono delle migliori» esordì Arthis con un tono carico di frustrazione. «Anzi, è un vero disastro. Al ritorno dalla spedizione, buona parte della carovana è stata massacrata dai banditi! Ora, Therar, dimmi perché diavolo Dazira non era presente nel viaggio di ritorno?»

La ragazza portò gli occhi dal principe al maestro, che, come da un giorno a quella parte, non la degnava di uno sguardo. A dire il vero, per tutto il viaggio, Therar era stato scostante... più del solito e la ragazza si interrogava su quali potessero essere i suoi problemi.

Il maestro incrociò le braccia davanti al petto. «Abbiamo ritenuto che, vista l'assenza di infermi e la morte del re, le persone presenti fossero più che sufficienti per...»

«Un cavolo! Sono morti trentadue uomini! Trentadue!» sbraitò Arthis, senza lasciarlo finire.

Dazira non capiva perché il principe se la stesse prendendo con lui: dopotutto, lei era proprio lì con loro! «Mio signore, sono rammaricata...» dichiarò la ragazza abbassando il capo. «Non credevamo possibile che un gruppo di contadini fosse in grado di compiere una tale strage!» aggiunse poi, sistemandosi nervosamente i capelli dietro le orecchie.

Il principe, ancora adirato, avrebbe di certo risposto al commento della giovane guerriera, ma Ernik precedette ogni parola. «Siamo sicuri che fossero gli stessi che hanno assalito la carovana durante in viaggio di andata?» domandò fissando Arthis negli occhi verdi. Nonostante la giovane età, Dazira notò che sul capo del sovrano avevano già iniziato a comparire dei fili argentati fra la zazzera scura.

«Così hanno detto i dodici sopravvissuti».

«Dodici» ripeté il cavaliere, pensoso. Chissà cosa diavolo gli stava passando per la testa!

In quel momento, dalla porta si sentì bussare e, senza preavviso, nell'ambiente fece capolino l'ampia gonna verde di Pheanielle, seguita dalla sua figura minuta al cui apice spuntava una voluminosa cascata di ricci scurissimi.

«Già» confermò il principe, ignorando l'arrivo della sorella con naturalezza. Con tutta probabilità, era stato proprio lui a farla chiamare. «Voi che nuove portate, allora?»

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Ernik attese che l'ambiente si fosse svuotato.

Era rimasto sulla soglia della porta ed aveva risposto seccamente ad una richiesta di Rebjo che, nell'arco di qualche minuto, si era dileguato. Probabilmente aveva capito che non era con lui che Ernik voleva parlare. «Principe Arthis si schiarì la voce, facendo un passo avanti e chiudendo la porta alle sue spalle, sotto gli occhi meravigliati di Dazira.

«Ernik».

Il cavaliere si lisciò la camicia logora del fango che il cavallo aveva sollevato durante il viaggio. Gohr glielo avrebbe di certo fatto notare, ma Arthis non aveva mai fatto caso a certe formalità. «So che la mia considerazione potrebbe essere assolutamente non pertinente e fuori luogo, ma...»

«Arriva al punto» lo interruppe senza guardarlo, mentre armeggiava alcuni documenti posati sulla scrivania.

Ernik inspirò e fece un altro passo avanti. «Avete detto che sono giunte a corte dodici persone».

Il principe annuì. «Più voi quattro, siamo a sedici» confermò.

«Le persone guarite dal morbo sono dodici».

Arthis lo guardò attonito, fermandosi, finalmente, da ciò che stava facendo. Poi i suoi occhi si spostarono sul muro in pietra dietro al ragazzo, forse, alla ricerca di una qualche risposta che risolvesse con la maggior logica possibile ogni quesito.

«So che questa coincidenza potrebbe essere semplicemente una casualità e, molto probabilmente, lo sarà. Potrebbe, però, risultare interessante cercare chi, fra coloro che sono tornati, sono stati quelli miracolosamente guariti!» continuò il cavaliere, posandosi con una mano alla scrivania, per poi sollevarla subito dopo, considerandolo un gesto poco rispettoso per la carica che il suo interlocutore rivestiva.

Arthis, d'altro canto, non parve accorgersene. «Sarà certamente una coincidenza, ma questa pulce nell'orecchio non mi piace» dichiarò con una smorfia. «Fa convocare Kaspiro, Ernik, ora che te ne vai!»

Il ragazzo, in tutta risposta annuì, prima di congedarsi e lasciare lo studio del principe, sempre più pensieroso.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora