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La volta celeste che ricopriva la radura era completamente sgombra e permetteva di vedere una stellata mozzafiato.

Di fronte a Therar, la legna sfrigolava sul focolare improvvisato.

Caeli raggiunse il piccolo accampamento. Era andato a controllare il perimetro, per accertarsi che nessuno li stesse seguendo.

Stizzito, l'uomo si avvicinò a Dazira che, dall'altra parte del focolare, osservava passivamente il pezzo di carne che Therar aveva cotto sul fuoco.

«Dì alla mocciosa che se non mangia con le buone, la imbocco io con le cattive!» dichiarò Musul, gesticolando seccato. Poi, con un sorriso sbieco, atto a minacciare la ragazza, con il pensiero fece sollevare in aria un pezzo della sua cena, per poi farlo ricadere di nuovo a terra.

Rebjo sgranò gli occhi. «Ma cos...» Ma non continuò la frase, la lasciò morire mentre osservava Dazira che, con ostinazione, fingeva indifferenza.

Therar la guardò, attraverso il fuoco e, dentro di sé, un ago parve trapassargli lo stomaco. «Devi mangiare asserì il maestro, in tono neutro, sopperendo alla richiesta di Musul.

Dazira gli lanciò un'occhiata indignata. «Non prendo più ordini da te!» sbottò sputando le parole come fossero veleno.

«Come vuoi rispose Therar, freddamente. «Muori di fame, allora».

La ragazza iniziò a muoversi nervosamente, per quanto le catene che le impedivano di servirsi dei poteri del demone glielo concedessero. «Merito delle spiegazioni!» esclamò.

Caeli, in risposta, sorrise soddisfatto. «Sono d'accordo» affermò, voltandosi malizioso verso di lui. «Gliele dai tu, Vulpes Noctis?»

In quel momento, il ragazzo lo odiò. Più di quanto non avesse mai fatto. Sapeva cosa stava cercando di fare: voleva che Therar ammettesse che era stata una bugia. Ogni cosa. Voleva vedere il dolore negli occhi di lei e mettere alla prova lui stesso, cercando ogni piccolo dettaglio che potesse fargli presumere che, in qualche modo, Therar aveva ceduto alla debolezza.

Se Therar avesse parlato, avrebbe dovuto mentire a Dazira ancora una volta. E non era ciò che voleva. Avrebbe dovuto fingere che non gli era mai importato di nulla, che, per tutti questi anni, lei non era stata altro che una bestia allevata in cattività, in attesa di quel momento. Avrebbe dovuto guardare l'odio e il dolore nei suoi occhi e, per quanto fosse pronto a questo, non voleva dare la soddisfazione a Musul di avere ciò che voleva.

«Non... Dubito che mi crederebbe» rispose, apatico, Therar, con lo sguardo assorto nel vuoto, in direzione delle fiamme.

Caeli avrebbe di certo replicato, ma Dazira lo anticipò: «Tu sai... spostare le cose» asserì in direzione di quell'essere dagli occhi sporgenti e color del ghiaccio, così grandi e scavati che parevano due biglie. «Sei un demone» affermò la ragazza, in conclusione.

Musul ridacchiò, palesemente divertito. «E il premio "Genio in erba dell'arte logica e deduttiva" va alla qui presente signorina!» esclamò spostando nuovamente lo sguardo su Therar al fine di condividere con qualcuno la sua eloquente espressione di derisione. «Dai, ragazzina, sono curioso di sapere fino a che punto gli ingranaggi della tua testolina hanno funzionato...» commentò, poi, avvicinandosi viscidamente a lei. «Cos'altro sai?»

Therar la fissò come se un'occhiata avesse potuto trapassarle l'anima, quasi certo che ella stesse pensando al dono che lui le aveva rivelato, ma lei evitò il suo sguardo.

Dazira si morse il labbro, infastidita dalla presa in giro, ma ignorò la provocazione. «Che cosa... qual è la tua pena da scontare?» chiese imperterrita, provocando in Therar un'espressione di stupore. Non era ciò che si aspettava da lei. Dazira era intelligente e arrogantemente spavalda e, come tale, Therar si aspettava che, a quel punto, la ragazza avrebbe dato libero sfogo alla vanità del suo cervello, spiattellando ciò che sapeva, soprattutto riguardo a lui, solo per dimostrare di non essere un'ingenua sprovveduta.

LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora