Li avevano cercati a lungo, ma sembravano scomparsi nel nulla.
I cavalli erano rimasti all'alloggio e né Therar, né Dazira, né Rebjo parevano aver lasciato traccia alcuna.
Ernik si accasciò frustrato. Doveva essere accaduto qualcosa di brutto, lo sentiva. Ma non potevano continuare ad agire da soli. Dovevano tornare indietro, per quando gli costasse ammetterlo.
Quel viaggio era stato un errore, dall'inizio alla fine. E la sua agonia pareva non essersi ancora conclusa!
●●●
La sala del trono era stata agghindata a festa. Il tappeto rosso, lungo qualche decina di metri, congiungeva l'entrata sfarzosa all'altare sul quale poggiava l'enorme trono del re.
Tutto l'ambiente era stato allestito con fiori e nastri rossi e bianchi, i colori della Corona di Forterra.
I nobili e i vassalli, vestiti di un rosso cremisi, come voleva la tradizione per l'occasione, avevano preso posto nelle prime file, così come a stessa Pheanie, la cui gonna ampia occupava due posti a sedere. Tutti gli altri erano in piedi, lo sguardo rivolto verso l'entrata della sala, nell'attesa di scorgere Arthis, pronto ad entrare con la marcia trionfale di Forterra.
L'occhio di Pheanie cadde in mezzo alla folla, alla sua sinistra, sulla figura armoniosa di Gineris, vestita con colori dai toni neutri, che ben si mescolavano con quelli degli altri membri della corte intorno a lei. Per un istante, i loro sguardi s'incrociarono e Pheanie si accinse a fissare un altro punto della sala.
Non le era mani andata a genio. A dire il vero, quella donna la metteva un po' in soggezione. Non si erano mai parlate, non direttamente, almeno... salvo una volta. Era notte e Pheanie era entrata di nascosto in biblioteca per cercare un libro per conto di Dazira. Un libro che, non appena trovato, le era stato sottratto da quell'altezzosa donna dai capelli color dell'oro.
Pheanie si era chiesta a lungo cosa diavolo le fosse preso. Perché mai quella ragazza poteva avere un interesse per un libro che per così tanto tempo era rimasto tra gli scaffali della biblioteca? Non sembrava così incapace da non essere in grado di cercarselo da sé, se proprio avesse avuto necessità di leggerlo.
Forse – almeno, così era arrivata a concludere la principessa – Gineris voleva solamente metterle i bastoni fra le ruote. Una sorta di ammonimento rivolto a lei, un caloroso invito a farsi i fatti suoi e smetterla di protestare davanti ad Arthis in merito alla presenza della bionda nella sua stretta cerchia di collaboratori.
Le trombe risuonarono nell'ambiente, destando Pheanie dai suoi pensieri.
Arthis, interamente vestito di bianco con i dettagli in oro e coperto in gran parte da un pesante mantello cremisi, avanzò con passo solenne e lo sguardo dritto, fisso verso il sacerdote incaricato per l'incoronazione.
Erano anni che la corte pareva attendere quel momento. La stima che il popolo aveva per il principe, negli anni, aveva superato di gran lunga quella riposta verso suo padre Gohr. Nella sala, infatti, l'eccitazione dei presenti era palpabile, tutti allungati verso il centro della stanza, quasi a voler cogliere ogni istante dell'ingresso di Arthis.
Quando il ragazzo raggiunse l'altare, il suono delle trombe cessò e nella sala del trono calò il silenzio, rotto solo dalle flebili parole del sacerdote.
Pheanie guardò in volto il fratello: era emozionato, teso, ma i suoi lineamenti ostentavano una serietà che pareva non rispecchiarsi con l'eccitazione presente nei suoi occhi verdi.
Era felice, e la principessa non poteva che condividere quella felicità, nonostante il profondo dolore provato negli ultimi giorni. Arthis sarebbe stato un buon re, Pheanie ne era certa.
Fu in quel momento che, con la coda dell'occhio, la principessa scorse il trafelato arrivo di due ragazzi che più volte aveva visto aggirarsi per la corte. Due giovani che erano diventati cavalieri e nei quali suo fratello pareva riporre un certa fiducia. Si fecero largo silenziosamente tra la folla, troppo concentrata in ciò che stava avvenendo davanti ai loro occhi per prestare attenzione al piccolo scompiglio.
Giunti al fianco di Gineris, il ragazzo dai capelli rossi le disse qualcosa all'orecchio e la giovane donna annuì, per poi seguirlo in mezzo alla gente, in un angolo più appartato dell'immensa sala.
Nessuno pareva essersi accorto della cosa. Nessuno, tranne lei.
I tre scomparvero dalla sua vista e Pheanie maledisse la sua posizione che non le permetteva di raggiungerli, di sapere cosa diavolo fosse successo di così urgente da dover avvertire proprio Gineris. Fra tutti, proprio lei.
La principessa riuscì ad intercettare i due ragazzi solo più tardi, lo sguardo teso ed insofferente in antitesi all'aria di festa diffusa nell'ambiente alla conclusione della cerimonia. Arthis era stato portato alla torre della Corona, ove, come tradizione voleva, avrebbe lanciato l'intero contenuto di una cesta in vimini colma di fiori bianchi e rossi sulle teste dei sudditi che, allegramente, stavano raggiungendo l'uscita per arrivare il cortile ed attendere la pioggia di petali. I fiori bianchi avrebbero significato giustizia ed equilibrio, quelli rossi amore e sacrificio per la patria; erano il simbolo di un impegno che il re si assumeva nei confronti del suo popolo: egli sarebbe stato giusto ed avrebbe dato ad ognuno di loro niente più e niente meno di ciò che sarebbe stato meritato, allo stesso tempo, il re prometteva che avrebbe guidato Forterra con amore e rispetto e che, in caso di necessità, egli stesso avrebbe dato la vita per il suo popolo.
Pheanie si parò davanti al ragazzo dai capelli rossi. Era alto e robusto, più di quanto potesse sembrare da lontano. «Voglio sapere cosa le avete detto!» annunciò la ragazza, senza preamboli.
I due si guardarono, la fronte aggrottata. Fu il ragazzo biondo e affascinante – Ernik, le pareva si chiamasse – a rispondere: «A chi?» chiese con una finta perplessità mal celata.
«Non fingete. Siete entrati quasi di corsa e avete parlato con Gineris» insistette Pheanie, infastidita dall'idea di non essere considerata all'altezza di essere portata a conoscenza di quanto accadeva nel regno. «Voglio sapere cosa le avete detto, di grazia».
Ernik, accanto al ragazzo rosso (del quale la principessa proprio non ricordava il nome), sospirò rumorosamente. «Credetemi, principessa, vorrei davvero potervelo dire... ma sono informazioni che solo il principe... re Arthis può autorizzare» confessò in tono accondiscendente, mentre, con la coda dell'occhio, guardava la gente intorno a sé.
Per tutti i diavoli! Lei era la sua principessa! Lei doveva avere diritto ad essere informata. Prima di qualunque altra persona al servizio della Corona. «Non mi risulta che Gineris sia stata autorizzata!»
«Il suo ruolo fa sì che, in assenza del re, ella sia, in questa sala, la persona più indicata con la quale parlare... sarà lei stessa ad informare Arthis!»
A quelle parole, Pheanie si morse il labbro frustrata, costringendosi a non sbraitare contro i due ragazzi. «Sono la vostra principessa!» asserì, ringhiando fra i denti.
In un altro contesto, mai si sarebbe comportata in quel modo. Ma qualunque cosa riguardasse quella donna sempre incollata a suo fratello pareva mandarla fuori di testa.
Ernik si fece avanti, fissandola negli occhi con un'espressione comprensiva. «Ho le mani legate, credetemi... vorrei davvero esaudire quanto chiedete, ma non ci è permesso divulgare rapporti urgenti. Dovrete parlare con vostro fratello, se vorrete saperne di più!» ripeté scuotendo il capo, in modo tale che la ragazza capisse che da loro non avrebbe ottenuto nozione alcuna.
E lei afferrò il concetto. Un boccone amaro che stava a sottolineare quanto il suo ruolo, in quella corte, fosse pressoché inutile. Semplice tappezzeria.
Pheanie inspirò profondamente. «Bene. Lo farò» dichiarò, cercando di mantenere il tono neutro. «Voglio solo sapere una cosa: mi risulta che Dazira fosse con voi... è a palazzo?»
Ma, a quella domanda, non ottenne risposta. I due si guardarono, ancora una volta, le espressioni sempre più cupe. «Parlate con vostro fratello» dichiarò solamente il rosso, mentre la morsa alla bocca dello stomaco sembrava, alla principessa, sempre più stretta.
Qualcosa era successo, e non era qualcosa di buono.
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LA QUINTA LAMA (III) - I supplizi del potere
Fantasy[COMPLETO] La guerra è finita e i regni sono, oramai, in pace. Ma qualcos'altro minaccia la corona di re Gohr... qualcosa di molto più infido e pericoloso; un nemico invisibile pronto a tutto per ottenere ciò che vuole. Terzo ed ultimo capitolo del...