Erotism

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Odore di pollo, ecco cosa Marika stava cucinando, un buon pollo al forno con contorno di patate, non sapeva cosa potesse piacere a Niall, si limitò a preparagli una semplice bistecca cruda su un piatto. Lasciò qualche patata per lui. Sarebbe tornato? Questo non lo sapeva, ma se lo sentiva che avrebbe varcato quella soglia sorridendogli e apprezzando in silenzio il suo gesto. Erano sole le sette e mezza, decise di aspettare almeno fino alle otto lasciando il pollo a raffreddare. Ormai quel ragazzo biondo non si faceva più vedere, forse le era servito solo un posto in cui dormire per una notte, non di più ma c’era ancora il suo borsone vicino al divano, non riusciva a spiegarsi perché stesse tardando. Non possedeva nemmeno il suo numero di telefono, non avrebbe comunque potuto rintracciarlo. Marika decise di mangiare ormai sconfitta, era tutto ottimo, non si era mai smentita, la sua cucina era favolosa o semplicemente non si ricordava di aver mai mangiato altro oltre a quello che cucinava lei. Stanca di essere sola decise di chiudere tutto e dirigersi nel suo letto, se fosse tornato avrebbe suonato o bussato alla porta. È notte nel piccolo appartamento. il buio si è insinuato in ogni angolo. L’assenza di luce è forse riflesso dell’assenza dei sentimenti, dell’assenza delle parole e più in generale dell’assenza stessa. Non c’è fine. Marika apre gli occhi e non vede niente, cioè vede il buio, che non è ,esattamente la stessa cosa. Il buio è una condensazione di assenza davanti alle retine scoperte, le palpebre scostate hanno rivelato questo nero sciropposo che si è subito appiccicato agli occhi aperti e lei è rimasta cieco. Ha per prima cosa tentato di allungare una mano tremante verso l’interruttore della luce, quella mano trema perchè  non si è svegliata per caso, è sicura di aver sentito un rumore provenire da una stanza non meglio identificata. Un rumore che in piena notte non si dovrebbe sentire in una casa occupata in quel momento da persone che dormono e ricolma di buio. Il rumore è sembrato un tonfo leggero, un piccolo colpo sul legno del pavimento ben lucidato, forse seguito da un tenue scricchiolio. Non è certo. Alcuni minuti passano, sembrano ore ma il suono non si ripete, la Rossa pensa di aver sognato ma il buio tutto intorno rimane e persiste col suo peso immenso e incorporeo. Cerca di convincersi di aver sognato, cerca di concentrarsi sul suono del suo respiro, che si sente appena per paura di essere sentita. Le palpebre stanno per richiudersi, il buio per un attimo palpita. Sussulta. Freme. Una scarica di adrenalina viene pompata in tutto il corpo della ragazza che adesso ha tutti i sensi allertati al massimo, le orecchie tese allo spasimo,  gli occhi fitti in quell’oscurità densa, tenta di avvertire persino una variazione negli odori dell’aria ma niente. A terrorizzarla è un attimo dopo ciò che percepisce col tatto, sul suo petto che si alza e abbassa con un ritmo elevato per la tensione, avverte una pressione leggera da principio, ma poi sempre più chiara e netta. Il buio si posa sul suo petto e lo preme, il corpo del buio, che prima era incorporeo e quasi etereo, ora si fa sempre più presente, sempre più presente e preme, preme. Il fiato di lei si fa mozzo, il peso sul suo petto gli impedisce di respirare liberamente, il suono che sente di più è quello del suo stesso respiro che si fa strada dalla bocca ai polmoni con sempre maggior fatica. Un altro suono si insinua nel suo terrore è il suono di un altro respiro, come di vento tra le colonne di un tempio e l’odore è quello di ere innumerevoli stratificate l’una sull’altra e imputridite insieme, fino a mescolarsi in un titanico passato ormai concluso. L’odore è quello delle stesse profondità dell’abisso, spalancatosi ed ansimante sopra di lui e preme. Marika sta per cedere, sente che il terrore è più grande di lei, capisce che il buio sta entrando dentro di lei, la sta prendendo, la sta strappando dalla vita per trascinarla in un incubo infinito. Il suo cuore pompa all’impazzata, calde lacrime di pura paura gli sgorgano dagli occhi ciechi, quando al suono si aggiunge l’eco lontano di un coro demoniaco che stride in quella che sembra essere una lontana sala di oblio. La fanciulla sente dita scheletriche affondargli nell’anima per ghermire la vita calda che ancora si nasconde dentro di lei e sta per lasciarla andare. Il mondo non è mai esistito, niente esiste solo il terrore e ciò che lo provoca, la donna è completamente paralizzata e sola. D’un tratto tutto si ritrae, l’aria fredda della notte gli entra nei polmoni raggelandoli dolorosamente, il silenzio ha preso il posto di quella cacofonia delirante. Il buio terribile si è ritratto, l’ha lasciata.

I raggi rossi di un sole ancora incerto si facevano strada tra le stecche delle persiane. Scorreva la luce sui pochi mobili, sopra ai quali erano sparsi gli indumenti del giorno prima, e sul muro, che sarebbe stato da tinteggiare. Dalla sua posizione percepiva senza vederli tutti i piccoli particolari di quella mattina, il suono smorzato delle auto lungo la strada, oltre il giardino e il canto degli uccelli. Voci. La sua attenzione era rapita dal panorama meraviglioso della schiena nuda di lei, stesa sulle lenzuola sgualcite dalla notte appena trascorsa, i cuscini gettati di lato. Lei si sollevò porgendogli le natiche calde e morbide. Gli si offriva con tutta la sonnacchiosa voluttà del mattino. Lui si abbassò per baciarle la curva della schiena bianca, poi continuò baciandola delicatamente fino alle cosce morbide. La sua lingua iniziò a sfiorarla. Sempre più audacemente, la sua lingua danzò intorno alla natica di lei, che godeva di quell'inusuale gioco. Il Biondo non si fermò. Proseguì nella sua discesa verso l'intimità di lei, che trovò grondante per il piacere atteso. Vi affondo la bocca. Lecco e succhiò. Con una mano la teneva stretta. Con l’altra le afferrava i seni, stringendo tra le dita i capezzoli eccitati. A volte quella mano audace aiutava la lingua, dandole altro piacere quando sfiorava il clitoride. Sentiva l’orgasmo che si stava avvicinando ma a Niall quel gioco piaceva troppo per farlo terminare subito. Rallentò il ritmo. Si scostò baciandole le gambe. Finalmente il piacere di lei arrivò, lento e immenso come un'onda del porto. Soddisfatto come un leone che alza la testa dalla carcassa della sua preda, con le fauci lorde di sangue, lui scosto la bocca fradicia dell'orgasmo di quella piccola e indifesa fanciulla. Trovò ancora il panorama familiare di prima, ma come dopo una tempesta. La schiena inarcata non più distesa. Il letto ancora più sgualcito. Lei con la testa tra le mani mentre ansimava. Lui non aspettò oltre. La tenne ferma, la penetrò. Si trovò immerso in un’ondata di calore, che lo fece eccitare ancora di più. Affogò in lei, che rispose con gemiti e parole, senza negarsi, senza allontanarlo. Era con lei in quel loro angolo di inaspettato paradiso, che si erano regalati. Quando anche in lui esplose in piacere, lei lo seguì. Di nuovo. Rivestendosi, si scambiarono sguardi complici, pieni delle parole che si dicono quando ancora l’odore dell’amore riempie la stanza. Niall la guardò. 

“Ci rivedremo questa notte? Oppure mi lascerai con quel dolce dolore: la separazione?”

“Sai che non posso. Non possiamo. Addio.” Lei rispose fredda.

I suoi occhi cristallini si spalancarono, si alzò di colpo da quel comodo divano diventato troppo stretto per lui, di nuovo, era successo di nuovo, l’aveva sognata, questa volta in qualcosa di veramente intimo, era puro erotismo. Doveva smetterla o non ne sarebbe uscito inerme.

Beautiful -Niall Horan-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora