Cap. 44 - Promesse e onore

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"... se proverai a farmi del male, ti ridurrò in tanti piccoli pezzi che gli avvoltoi non potranno trovarti." ringhiò Goneril.

Il bianco Drago davanti a lei non sembrò intimorito dalle sue minacce. Stava lí, accucciato a terra, le ali ripiegate dietro la schiena, il muso puntato verso il cavallo. I suoi occhi dalle iridi rosate scrutavano la donna umana, ma nessuna emozione visibile traspariva da essi. Erano gli occhi freddi di un rettile.

Goneril smontò lentamente dall'animale, impugnando ben salda la spada nella mano destra. Doveva fare attenzione: quel mostro davanti a lei ci avrebbe messo un attimo ad allungare il collo flessuoso e strapparle via la faccia con un morso. E la sua coda era piena di spine ossee, con un colpo improvviso avrebbe potuto frantumare le costole della donna umana in un batter d'occhio.

Il Drago seguí in silenzio i movimenti di Goneril. Sembrava studiare la situazione.

Il cavallo, nonostante avesse gli occhi bendati, intuí che lí c'era qualche predatore. Forse era il respiro pesante del Drago, forse erano gli odori che la sua pelle ricoperta di scaglie emanava, o forse era semplicemente il suo istinto animalesco. Ricominciò ad agitarsi. Goneril tiró le briglie.

"Sei la seconda donna mortale che incontro." disse la Bestia. Il suono della sua voce era limpido, non era il timbro cavernoso che uno avrebbe potuto aspettarsi da un essere di quelle dimensioni. "Tutte incapaci di governare i vostri cavalli."

Al suono di quella voce, il destriero si spaventó ancora di più e s'impennó, con un alto nitrito.

"Lascia che ti aiuti, ladra." disse il Drago. Spalancó le fauci, e allo stesso tempo la base del suo collo inizió a gonfiarsi, come se una bolla d'aria si stesse formando nella gola. Goneril intuì cosa sarebbe capitato e si lanció a terra.

Dalla bocca del mostro partì un fiotto di aria ghiacciata che avvolse con una nuvola grigia il cavallo. Goneril venne sfiorata da quel getto e sentì subito metà del suo corpo irrigidirsi dal freddo. Si alzó in piedi alla svelta, prima che il ghiaccio si formasse anche su di lei.

Quando la nebbiolina gelida si dissolse, una statua di ghiaccio in forma di cavallo apparve. L'aveva letteralmente congelato.
La guerriera era ammutolita, sconvolta. Non aveva mai visto niente di simile. Si giró a guardare il Drago, che sembrava compiaciuto del suo lavoro.

"Ecco. Una vera opera d'arte." disse, digrignando i denti. Le sue zanne erano lunghe, forti, ricoperte da una patina giallognola. "Dov'é la pietra?" chiese.

Goneril non rispose subito. Era ancora agitata per quello che aveva visto. Non c'era modo di uscire vittoriosa da un eventuale scontro con quella creatura. E anche se fosse riuscita a venire fuori da quella situazione, ormai aveva perso il cavallo. Sarebbe rimasta senza mezzo di trasporto su un sentiero a Nord, lontano dai villaggi umani e dal Reame di Thranduil, del tutto sperduta. Cosa avrebbe fatto?

"Il rubino. Dov'é?" insisté il Drago.

"Oropher." rispose finalmente la donna.

Il Drago mostró di nuovo la dentatura in quello che voleva essere un sorriso. "Conosci il mio nome. Hai parlato con Roswehn, allora. Magari prima di ucciderla per rubarle quella pietra. O forse questo miserabile destino é toccato a suo figlio?"

"Non sono morti. Nessuno dei due. Ma come sai che ho io la gemma?" ribatté Goneril.

"Conosci il mio nome, ma non conosci la mia razza. Non sai che i Draghi hanno lo stesso istinto degli Elfi, la stessa capacità di leggere nella mente."
spiegò la Bestia. "E quella pietra che tieni in tasca era mia. Era nascosta fra le mie scaglie, e lí era rimasta per quattrocento anni, prima che decidessi di donarla alla donna del lago. Ho sentito il suo richiamo, mentre ero in volo. Voglio sapere adesso, perché ce l'hai tu."

La donna dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora