Cap. 48 - La fine della corsa

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Roswehn Monrose osservava la scultura in legno che avevano eretto in suo onore, sulla grande terrazza ad Est del palazzo nei boschi.

Thranduil aveva dato ordine ai suoi artigiani di realizzare una raffigurazione precisa in ogni dettaglio: la Roswehn di legno era lei, sessant'anni prima.

Avevano rappresentato una ragazza di vent'anni, con i capelli sciolti dietro la nuca, con indosso un abito semplice, e sul viso un'espressione fiera e impaurita allo stesso tempo. Esattamente come si era sentita lei, quella gelida notte a Dale, quando era entrata nella tenda da campo di Thranduil e aveva umilmente chiesto di poter ascoltare la conversazione fra il Re Elfo, Bard e Gandalf. Quella notte in cui Bilbo Baggins aveva fatto la sua comparsa con l'Archengemma in mano e l'Anello di Sauron probabilmente in tasca.

Era incredibile, assurdo: quella notte, se qualcuno dei quattro avesse avuto l'intuizione, quel piccolo Hobbit sarebbe stato perquisito, gli avrebbero trovato l'Anello addosso e una tremenda catastrofe sarebbe stata evitata.

Forse.

Roswehn si chiese cosa avrebbe fatto Thranduil se avesse scoperto che l'Anello era lì, proprio davanti a lui. Forse se lo sarebbe tenuto. Magari l'avrebbe portato a Boscoverde e l'avrebbe custodito in un forziere, come le gemme di Lasgalen.
Magari Lord Elrond e Lord Celeborn, una volta messi al corrente della cosa, si sarebbero mossi entrambi contro Boscoverde per convincere Thranduil a distruggerlo. Forse si sarebbe scatenata un'altra guerra, fra genti elfiche.

Tutto sommato, era stato un bene che quell'oggetto maledetto fosse finito per tutti quei decenni nella Contea degli Hobbit. La donna pensó a Bilbo: era certa che il veleno di Sauron gli avesse rovinato l'esistenza, il male insito nell'Anello ormai era in lui e ora stava risucchiando la forza vitale del nuovo portatore. Un altro Hobbit.

Pensare a Bilbo spalancó gli armadi delle sue memorie. Tornó con il pensiero al momento preciso in cui i suoi occhi si erano incrociati per la prima volta con quelli di Thranduil. Era uno sguardo freddo, quello del Re. Era sempre stato gelido, come se in lui non ci fosse un cuore.

Negli anni seguenti, le aveva dimostrato moltissime volte di averlo, un cuore, ma i suoi occhi erano sempre rimasti due zaffiri di ghiaccio. Come se ci fosse una barriera invisibile fra loro, che, nonostante l'impeto del loro rapporto, non si sgretolava mai.

Tante volte Roswehn si era domandata se con sua moglie Calenduin, la Regina, Thranduil avesse abbassato qualche volta la guardia e si fosse rivelato per quello che era nel profondo, con le sue debolezze, con le sue incertezze.

Ma certo, si era sempre risposta. Era sua moglie. E per quanto tu abbia passato trenta meravigliosi anni con lui, non potrai mai e poi mai dire di averlo conosciuto come lo ha conosciuto la Regina. E alla fine della sua lunga vita, sia che vada nelle Terre Immortali o che si tramuti davvero in spirito, lui e sua moglie si incontreranno di nuovo, e per l'eternità staranno insieme. Tu sei sempre stata, e sempre sarai nei suoi ricordi, la seconda. L'amante umana. Il grazioso gingillo, come diceva Edith.

"Roswehn, non dovresti stare qui. Forza, ti accompagno in camera." disse Nim, che l'aveva sorretta sotto braccio fino alla scultura. "Non è bene attardarsi fuori. Hai sentito il Re, c'é un attacco in corso. Torniamo dentro."

"Ah, smettila. Gli Orchi sono lontani, oltre i Monti." rispose Roswehn. "...mio figlio sta andando verso di loro. Haldir era un piccolo ribelle già da elfetto. Ricordi quante ne combinava? E suo padre lo puniva in continuazione, ma non è mai servito a niente. Ha ragione lui, in questo nostro figlio ha davvero preso da me. Anche mio padre ha avuto i suoi bei grattacapi, quand'ero bambina." disse l'anziana. "Preparati, Nim: essere genitori é dura. É di per sé una battaglia."

La donna dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora