Cap. 56 - Passioni

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Goneril aveva trovato una veste della sua misura nell'armadio di Arwen.

Non si era fatta troppi scrupoli a prenderla, visto e considerato che alla figlia di Elrond difficilmente sarebbe ancora servito un corredo. Arwen stava lì, lunga distesa sul canapè nella sua camera, sempre più eterea, il suo corpo sempre più impalpabile. In attesa di esalare il suo ultimo respiro.

"Grazie, cara." aveva mormorato Goneril con un sorriso cattivo, dopo aver preso il bell'abito celeste dal guardaroba della donna elfica. Frugare negli armadi delle principesse stava diventando un'abitudine, per lei.

Si era poi recata a una delle grandi fontane di Rivendell, che ancora gorgogliavano. Tolti i vecchi indumenti rubati a Dale, ormai pregni di sudore e fango, si era immersa in quella vasca di granito, resistendo al gelo dell'acqua.

Guardó il cielo. C'erano nuvole grigie e dense, che ormai da giorni si estendevano a vista d'occhio. Erano momenti cruciali per la storia della Terra di Mezzo. Goneril sapeva che da un momento all'altro tutto poteva cambiare: se l'Hobbit ce l'avesse fatta a gettare l'Anello nel fuoco, il mondo sarebbe stato libero. Se malauguratamente avesse fallito, in un attimo quei nuvoloni sarebbero diventati neri, il Sole sarebbe sparito e poi anche la Luna, per lasciare spazio solo al buio. E a Sauron.

Ma che poteva farci lei, che era lontana mille miglia da Mordor? Niente, a parte tentare di lavarsi, impresa non facile visto che non aveva nemmeno del sapone.

Doveva organizzare il suo futuro.

Intanto, trovare il modo di sbarazzarsi di Hammon. Tempo addietro, il modo più semplice sarebbe stato farlo fuori. Ma la guerriera se n'era andata per sempre, così come i suoi metodi. Doveva convincerlo a levare le tende. Per almeno un anno, voleva stare da sola. Ne aveva un disperato bisogno, poiché un nuovo inizio non ci sarebbe mai stato se non si fosse disintossicata da ció che era stata prima. Anche per quello non poteva uccidere Hammon. Certo, sarebbe stato facile trapassarlo con la spada e buttarlo in uno dei burroni di quella valle sterminata. Ma ogni volta che avrebbe guardato verso quel crepaccio, si sarebbe ricordata il suo ultimo omicidio, la sua ultima vittima. No, non voleva essere perseguitata da fantasmi anche lì a Rivendell.

Ma come mandarlo via? E cosa voleva da lei?

Credeva di essere innamorato. Quell'imbecille credeva sul serio di essere innamorato. Aveva negato, ma Goneril gli aveva visto quello sguardo, lo sguardo di un uomo consumato da un'ossessione. Lo conosceva, quello sguardo, poiché l'aveva visto in altri uomini.

La fama della sua crudeltà era pari solo a quella della sua bellezza, perció a volte qualche perdigiorno con ambizioni da seduttore osava avvicinarsi alla legione per incontrarla. Sapeva che alcuni uomini scommettevano con altri sul fatto di portarsela a letto. Degarre gliel'aveva detto, e lei ci aveva riso sopra. Le scommesse venivano sempre perse, anzi spesso quei folli se ne tornavano a casa senza più il loro cavallo, o le monete che si portavano appresso, o i loro indumenti.

Ma riconosceva il desiderio dei maschi, lo coglieva dagli occhi. Hammon ne era consumato, al punto da sfidare il rischio di beccarsi una pugnalata per strapparle un bacio con la forza.

Avevano la stessa età, trent'anni esatti. Si conoscevano da dieci, e mai Hammon aveva mostrato interessi di quel tipo verso di lei. Com'era possibile che improvvisamente avesse scoperto in lui quella passione? Perché proprio in quei giorni, nel pieno di una guerra che stava travolgendo tutti?

Si guardó in giro, chiedendosi dove fosse. Forse se n'era andato di sua iniziativa.

Goneril se l'auguró.

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