Cap. 2 - Il Maresciallo del Mark

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"Non capisco. Doveva essere già tornato." disse Éomer, osservando il panorama sotto al cielo plumbeo.

Suo cugino era partito da due giorni, con un manipolo di soldati. Théodred era preoccupato per i loro sudditi che vivevano fuori da Edoras, in quei borghetti isolati e del tutto vulnerabili agli attacchi. I soldati di Rohan gli avevano riferito di aver sorpreso un gruppo di Uruk-Hai proprio ai confini del regno. Spie mandate in avanscoperta, probabilmente.

Aveva avvisato suo padre Théoden, che peró, da un mese a quella parte, sembrava sprofondato in uno stato di catatonia: il giovane principe e i due nipoti del re, Éomer ed Éowyn, non riuscivano a capire cosa gli stesse succedendo. Allarmati, avevano osservato come il passare dei giorni avesse steso sul loro sovrano un invisibile velo di morte.
Il suo volto pareva una maschera funeraria, avvizzito e bianco. La barba gli era cresciuta al punto da raggomitolarsi fino al suo grembo, e i capelli erano diventati candidi e arruffati; i suoi occhi azzurri erano sempre socchiusi e persi in qualche strana visione.

La cosa peggiore, l'aspetto più doloroso della faccenda, era che aveva smesso di parlare con loro. Théoden sembrava non riconoscere più i suoi parenti, comunicava a monosillabi solo con Grima, un cicisbeo servitore che da qualche tempo aveva iniziato ad assisterlo come consigliere.

Théodred soffriva per la situazione del
padre. Non poteva certo sapere che la forza negativa che stava consumando il genitore era esercitata a distanza da Saruman il Bianco, il capo dell'Ordine degli Istari. Grima, che in passato era stato uno dei tanti, semplici abitanti di Rohan, era a sua volta asservito allo Stregone. Tramite la bocca di quest'ultimo, Saruman esercitava un'influenza fortissima su Théoden, sostituendosi in pratica a lui nel governo di Rohan.

Il principe sapeva solo che tentare un dialogo con suo padre era inutile, e che chiedergli l'autorizzazione a partire con i soldati sarebbe stato come chiedere a un muro. Doveva prendere l'iniziativa e, in quanto delfino di un regno il cui re sembrava vittima di un incantesimo, ne aveva ormai piena libertà.

Così un mattino, con sei uomini al seguito, aveva preso la direzione verso il confine sud.
Ma non era tornato. Non era tornato ed Éomer era preoccupato.
Théodred era un buon soldato, valoroso, peró era giovane. Più giovane e meno esperto del cugino.

"Avrei dovuto seguirlo." mormoró Éomer. "È andato fino ai Guadi dell'Isen, ne sono certo."

"Non avere paura, il ragazzo è un buon combattente. Qualche Orco non sarà un grande pericolo per lui." lo rassicuró Gamling, il vice-capitano di Rohan.

"Non sono gli Orchi a preoccuparmi. Saruman sta creando con le sue arti un esercito di creature più pericolose, ne ha già mandate diverse in esplorazione attraverso il Mark. Se Théodred dovesse imbattersi in quegli esseri, sarebbe in grande difficoltà."  rispose il Maresciallo. "Vado a cercarlo. Allerta i Rohirrim."

"Tuttavia..." s'inserì una voce all'improvviso. Entrambi si voltarono.
Grima fece la sua comparsa dietro a una delle colonne dell'ingresso.
"...il nostro Gambling ha ragione. Tu non puoi avventurarti fuori da Edoras, con i nostri soldati, senza l'autorizzazione del Re."

Éomer quasi non credette alle sue orecchie. "...oseresti dirmi quello che posso o non posso fare?" gli chiese minaccioso, avanzando lentamente verso di lui. "Potrei scaraventarti giù per questa scalinata, verme."

"Fallo. T'incoraggio." lo provocó Grima, deformando il volto slavato in un ghigno beffardo. "Vedremo quanto ci metterai ad impazzire in quella cella, quando tuo zio ti ci farà gettare."

A quel punto, Éomer afferró il nero ometto per un braccio, con molta più forza di quella che sarebbe stata necessaria. Il gobbo spalancó la bocca squittendo di sorpresa e dolore.

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