Cap. 32 - L'evasione

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Goneril venne gettata senza troppi complimenti in una delle celle del sotterraneo.

L'Elfo carceriere chiuse con un gesto deciso la porta a sbarre, e con due giri di chiave fece scattare la serratura.

La donna sentì un'ondata di rabbia percorrerle la schiena. Afferró le sbarre con entrambe le mani. "Thranduil!! Non puoi far questo! Disgraziato! Infame!!!" urló con tutta la voce che aveva in gola.

"Silenzio!" comandó la guardia. "Meglio per te se stai tranquilla. Impazzirai in questo angusto spazio, se non risparmi le energie."

"Dammi quelle chiavi!" gridó lei, facendo passare un braccio attraverso le sbarre di ferro. L'Elfo si ritrasse di scatto, anche perché la donna sembrava fuori di sé, come una leonessa in gabbia. "Dammi quelle chiavi...e forse ti lasceró vivo!" disse.

L'Elfo rise. "Dovresti preoccuparti di rimanere tu viva. Poiché Lord Thranduil non ti ha condannata a morte, siamo incaricati di sorvegliarti e portarti del cibo. Credo abbia ancora bisogno di parlare con te, per questo vuole che tu sopravviva."

"Il tuo Re...ha le ore contate, te lo garantisco. Come tutti voi." rispose lei. "Il vostro mondo brucerà. Ogni singolo albero di questa foresta andrà in fiamme. Stupidi!"

"Beh... in attesa di andare arrosto...io vado a bermi un bicchiere. Tu...mettiti pure comoda." ridacchió la guardia. Poi, dopo aver agganciato il mazzo di chiavi alla sua cinta, si allontanó verso le cantine.

"Torna qui, muoviti!" gridó ancora lei.

"Ti auguro buona notte, mortale." sentì l'Elfo rispondere, mentre si allontanava. E poi un'altra risata.

Goneril sbatté una mano contro il ferro di quella porta. Rinchiusa. Era prigioniera. E ora avrebbe allegramente detto addio al suo oro.

Certo, con lei bloccata lì, i suoi uomini sarebbero andati al galoppo a Gran Burrone a prendersi le cento casse indisturbati. A meno che, naturalmente, Degarre non avesse scelto davvero di unirsi al resto dei popoli dell'Est e andare a Gondor. Per mettersi al servizio di Sauron.

Più ci pensava, più le sembrava incredibile. E d'improvviso, le fu anche chiaro il motivo per cui gli Elfi covavano sempre quell'indistruttibile complesso di superiorità verso gli Uomini.
Un Elfo non si sarebbe mai unito agli Orchi. Piuttosto si sarebbe fatto tagliare a fettine, ma non avrebbe mai e poi mai scelto di servire Morgoth o il suo amichetto a forma di occhio gigante.

Gli Uomini sì, invece. Gli Uomini erano deboli, ambiziosi, meschini. Gli Uomini dell'Est erano pronti a scendere in campo contro i loro fratelli del Sud, cioé gli abitanti di Gondor, e a quelli dell'Ovest, cioé Théoden e la sua gente, per arrivare al Potere.

Pensó che, alla luce di quello, perfino la razza degli Orchi poteva sembrare migliore di quella umana: gli Orchi non si fregavano l'un l'altro in quel modo. Non si facevano guerre fra di loro. Insomma, erano tutti schierati con il Male, ma almeno erano schierati tutti da una parte. Erano coerenti, per la miseria.

Degli Haradrim non c'era da sorprendersi: erano discendenti dei Numenoreani Neri, la gente che millenni prima aveva già scelto Melkor, o Morgoth, come padrone.

I Corsari di Umbar erano stati una spina nel fianco per Gondor fin dalla Seconda Era, e di sicuro non avrebbero perso la ghiotta occasione di tentare l'assalto finale al grande regno.

Ma dagli Orientali, in special
modo dai Varyag del Khand, non se lo sarebbe aspettata. Il Khand era un piccolo territorio annesso a Mordor, ma nonostante la posizione geografica, i suoi abitanti avevano mantenuto sempre una certa indipendenza dai mostri che abitavano Barad-dûr.
Anzi, odiavano gli Orchi.
Perché improvvisamente si erano sottomessi a Sauron? Dietro quale promessa avevano rinunciato alla loro autonomia?

La donna dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora