Cap. 58 - Un anno dopo

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Aragorn e Arwen le avevano spiegato molto chiaramente come raggiungere la valle di Imladris.

Suo marito Faramir aveva tentato, senza successo, di dissuaderla dal partire, preoccupato dei pericoli che avrebbe potuto incontrare sulla via. Temeva soprattutto che lei potesse perdersi: le strade e i sentieri che avrebbe dovuto attraversare erano pieni di crocevia, bivi e solo Eru poteva sapere se nel frattempo qualche acquazzone o smottamento non avesse deviato i percorsi.

Ma Éowyn non aveva sentito ragioni e non aveva paura. Sua cugina era viva, era a Gran Burrone, e voleva andare da lei.

La regina Arwen gliel'aveva detto.

Dopo l'incoronazione di Aragorn, dopo il matrimonio con la figlia di lord Elrond, dopo il suo matrimonio con il capitano Faramir di Gondor e dopo l'elezione di suo fratello Éomer a nuovo Re di Rohan, Éowyn aveva deciso di andare a cercare la sua perduta cugina, con la quale aveva stretto un legame che non riusciva a dimenticare. E con la quale aveva tanto in comune, perfino l'impresa di aver affrontato e sconfitto un Nazgûl.

Dieci lunghi giorni a cavallo c'erano voluti, prima di scorgere in lontananza le altissime cascate di Gran Burrone.

Goneril e uno dei suoi soldati vivevano lì da soli, dopo la decisione di Arwen e di Elrond di abbandonare il loro regno. Lei, per vivere una vita mortale accanto a re Elessar, lui per imbarcarsi verso Valinor, con Galadriel, Celeborn, Gandalf e quel Frodo Baggins. Avevano avuto la benedizione di lord Elrond, e il permesso di fondare una nuova comunità umana in quel territorio una volta occupato solo dagli Elfi.

Arwen le aveva raccontato che sua cugina era intenzionata a iniziare una nuova vita, fatta di pace e serenità, e dimenticarsi quello che era stata nei dieci anni precedenti.

Éowyn si chiese se una cosa del genere fosse davvero possibile. Dimenticarsi tutte quelle battaglie, quei morti, quelle efferatezze di cui era stata responsabile? Mettere a tacere le voci dei fantasmi, delle sue vittime, che la tormentavano nei suoi incubi?

La nuova dama di Gondor non ci credeva molto. Ma lo sperava. Era stata lei la prima ad esortare Goneril e scoprire il lato migliore di sé. Il lato che aveva ereditato da suo zio Théoden.

Il cadavere del Re di Rohan era stato seppellito vicino a quello del figlio Théodred, ed Éowyn aveva messo fra le sue mani il bracciale che Goneril le aveva regalato, quello con incisa la frase volere è potere, di modo che almeno nella sepoltura suo zio si fosse portato con sé qualcosa appartenuto a sua figlia. Quella figlia che lui stesso aveva ripudiato alla nascita per poi pentirsene amaramente.

Si chiese, mentre smontava da cavallo per attraversare il ponticello che conduceva all'entrata di Rivendell, se Goneril fosse stata informata della morte di suo padre. In caso contrario, sarebbe toccato a lei rivelare la triste verità.

Una volta giunta all'ingresso del regno, Éowyn notó subito che la maggior parte delle abitazioni sembravano abbandonate. Erano vuote, spente, ricoperte da edera e altre piante rampicanti che in quel mese di Giugno erano fiorite.

Una sola residenza era tenuta con decoro: quella che svettava sopra tutte le altre, e che doveva essere appartenuta a Elrond.

Il suo cavallo, stanco e assetato, nitrì spazientito. "Buono...sta' buono...ora ti trovo qualcosa da mangiare..." gli sussurró Éowyn, guardandosi intorno.

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