Capitolo 42

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Cameron's pov

«Stai ferma.» Ripeto per la terza volta a Jocelyn, ridendo. «Sei incinta, non puoi prendere gli scatoloni.»

«Questo è maschilismo.» Sta ridendo, ma lascia lo stesso lo scatolone.

Io scuoto la testa. «Si chiama essere gentiluomini, ma lascia stare.»

Jo ridacchia, poi prende le chiavi del nostro appartamento e inizia ad avviarsi. È incredibile che, dopo solo due giorni che ho consegnato il foglio, Isaac abbia detto che posso già trasferirmi.

Per questa settimana sarò solo io, ma dalla prossima vivrà anche Jo con me, e non potrei esserne più felice. Quando nascerà il bambino -o bambina- ci sarò anche io a svegliarmi perché piangerà. O le prime volte che bisogna cambiarli il pannolino.

Scuoto la testa per scacciare quei bellissimi pensieri, dato che mi distraggono, e prendo due scatoloni. Ho portato il giusto indispensabile: non voglio lasciare la casa di mia madre completamente vuota.

Ho portato i vestiti, alcuni cartelloni che mi hanno fatto le fan, certi videogiochi e cerci libri di scuola, questi ultimi solo per riempire un po' la casa.
Sono cinque scatoloni e due valigie. Non oso immaginare quando verrà qui Jo.

Sorrido quando all'ingresso, appena entro, trovo la carrozzina che abbiamo preso insieme.
Sto sul serio facendo il countdown per la nascita di mio figlio. Anche se devo ammettere che è altrettanto bello vedere Jocelyn con il pancione, la schiena leggermente incurvata ed il sorriso che le incornicia le labbra la maggior parte del tempo.

Appena mi vede entrare mi viene ad aiutare con la porta. «Intanto inizio a preparare per la cena, okay? Tu metti tutto a posto.»

Sembra mia madre in questo momento. Non lasciare in disordine, metti a posto la tua stanza, e tutto il resto. Tanto chi verrà stasera lo sa che mi sono trasferito oggi.
Annuisco lo stesso a Jo e le dò un bacio sulla guancia.

«Volo. Tu non affaticarti troppo, però.»
Ridacchia e questa volta è lei ad annuire.

Stasera verrano i Magcon, la mia famiglia e la famiglia di Jo a cena qui. Ci saranno anche i suoi genitori e oggi diremo ufficialmente che convivremo. Sono abbastanza nervoso, perché il padre di Jo non sembrava molto comprensivo sull'argomento.

Quando Jo gli ha detto che stavamo solo pensando di vivere insieme e che avremmo visto alcuni appartamenti, ha reagito abbastanza male. Spero che non succeda anche oggi, adesso che le cose stanno andando per il verso giusto.

Porto gli scatoloni e le valigie piene di vestiti nella camera e riempio la parte che mi spetta, ovvero metà -dato che l'altra metà è di Jocelyn-.

Verso le quattro, quando il nervosismo aumenta ogni secondo e mancano ancora tre ore all'arrivo degli ospiti, ritorno in salotto per vedere che cosa sta facendo Jo.

Sta lavando, asciugando e mettendo a posto dei piatti che abbiamo preso ieri, quando Isaac mi ha chiamato e mi ha detto che potevamo trasferirci quando volevamo.

Domani andrò in comune a dire che mi sono trasferito e poi vivrò qui a tutti gli effetti. Jocelyn è andata ieri nella segreteria del college per annunciare il suo trasferimento.

Sta canticchiando a bassa voce una delle sue canzoni preferite e non posso non guardarla e pensare a quanto la ami.
Per tutte le volte che ho fatto il coglione e le volte in cui l'ho fatta soffrire, lei ha sempre trovato il coraggio di perdonarmi e riprovare a non buttare nella spazzatura quasi quattro anni di relazione. Non so cosa ho fatto di bello per meritarla, e sinceramente non mi interessa, basta che lei resterà per sempre ed io sarò la persona più felice del mondo.

La voglio vedere così ogni pomeriggio, mentre prepara una delle cene più importanti che abbiamo mai avuto, mentre canta e mette apposto, con la pancia che si fa sempre più grande e da dove ogni tanto si vede la forma del piede perché il piccolo -o piccola- scalcia.

«Ti serve una mano?» A Jo quasi cade il piatto dalle mani. Riesce, però, a prenderlo in tempo e caccia un piccolo urlo.
Io mi metto a ridere.

Dopo qualche secondo anche lei sta ridendo a crepapelle con me. «Non ridere, Cam! Mi hai spaventato.»

Mi schiarisco la voce, per calmarmi, anche se non riesco a levarmi dalla faccia il sorriso divertito. «Scusa, non era mia intenzione. Allora, hai bisogno di una mano?»

Scuote la testa e si rigira per tagliare delle verdure che non ho ancora identificato. «No grazie, ho quasi fatto. Hai messo tutto apposto?»

«Certo.» Dico ironico. «In una sola mattina ed un pomeriggio riesco a ordinare e decorare tutta la casa.»

«Cam.» Si gira solo per qualche secondo, per lanciarmi un'occhiata di disapprovazione. «Stasera vengono ospiti e sicuramente vorranno fare il giro della casa, faremo una brutta figura se è ancora tutto negli scatoloni. E tra l'altro hai ancora tre ore per finire di mettere a posto.»

Mi avvicino a lei, fino a trovarmi dietro. Lei sta ancora tagliando le verdure e non se ne è accorta. Quando parlo le sfioro l'orecchio con le labbra. «Sanno che ci siamo trasferiti oggi, non pretendono niente. E anche tu sei disordinata, proprio come me. Voglio stare un po' con voi, non ho intenzione di spendere il nostro primo pomeriggio insieme, nella nuova casa, a sistemare.»

Mentre dico l'ultima parte, le mie mani si poggiano sulla sua pancia. In quell'esatto momento il bimbo dà un calcio ed io lo sento. Jo geme di dolore, io invece sorrido come un ebete.

«Sorridi pure.» Stringe i denti lei. Non ha neanche visto che sto sorridendo, mi conosce e basta. «Ma sappi che fa malissimo.»

Basta questa frase per allarmarmi. «Ti devi sedere?»

Scuote la testa e ridacchia. «No, è successo anche l'altro giorno, mentre stavo dando l'esame orale ed ero in piedi. Mi ci sto abituando e non fa così tanto male come all'inizio.»

Poggio la testa sulla sua spalla e sospiro. «Sicura? Posso finire di cucinare io. Non voglio che ti stanchi e se vuoi ti faccio un massaggio. Non sono bravissimo, ma tutto per le mie piccole.»

Me la immagino sorridere. «Grazie, ma sto bene e poi sarà maschio.» Esita un secondo. «Puoi... puoi allontanarti un po', adesso? Non che non mi piaccia è che-... cioè, volevo dire, mi distrai quindi puoi-?» Si blocca ed io alzo la testa, ridendo.

Non so se è una risata perché lei è adorabile quando è imbarazzata, o perché sono contentissimo di sapere che la faccio ancora sentire così.
«Ti faccio ancora tutto questo effetto, Jo?»

Si gira completamente verso di me, le guance sono tinte di un rosso accesso, tipo il rosso di un pomodoro maturo. «Certo che mi fai ancora quest'effetto, Cam.»

Le sorrido. Non so come la mia mano le porta una ciocca ribelle dietro l'orecchio, lentamente. Non mi ricordo di aver pensato di farlo, ma non mi dispiace di certo. E neanche a lei sembra importare.

«Cam...» Sussurra lei, piano. Gli occhi azzurri ghiaccio sono incastrati nei miei.

Mi ricordo quando ho parlato con mia madre della nostra situazione. Ha detto di non fare cazzate, sopratutto adesso e di lasciarle il suo tempo.
«Dovrei allontanarmi.» Biascico. Devo, ma non voglio per nulla farlo. «Prima che ti baci di nuovo e so che ti pentirai di ricambiare.»

Lei annuisce. Per un secondo, solo uno, ho sperato che mi dicesse di baciarla, che non se sarebbe pentita. Ma Jo non é incoerente e per dire una cosa del genere lo dovrebbe essere.

Allontano la mano dal suo viso e faccio un paio di passi indietro, non spezzando il nostro legame visivo.
«Grazie.» Dice lei.

Accenno un sorriso. So che non se ne pentirebbe del tutto, ma la confonderei sicuramente ed è l'ultima cosa che voglio. Prima si chiarisce le idee, prima saprò cosa vuole, e prima starò con lei.

«Ti aspetterò, lo sai?» Mi trattengo di andarle di nuovo vicino e di prenderle la mano. «Ti aspetterò sempre.»

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Grazie ancora a chi ha votato. Lo apprezzo veramente molto e mi fa davvero piacere.
-sil 💗

Ti odio Cameron Dallas 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora