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Dieci minuti dopo Atsuko stava correndo per tutto l’ospedale. Era notte, in giro c’era solo il personale, ma lei si aggrappava ai vestiti di chiunque.
“Qualcuno ha visto Fritz? Hai visto Fritz? Il ragazzo rosso! Qualcuno ha visto Fritz?”
Scuotevano tutti la testa. Qualche d’uno diceva di averlo visto salire, qualche d’uno lo aveva visto scendere, qualcun altro si liberava di lei e basta. Atsuko era sempre più disperata. Quando vide Jungkook e Taehyung si precipitò su di loro.
“Mi dovete aiutare!” urlò. “Dobbiamo trovare Fritz! Dobbiamo trovarlo subito!”
“Cos’è successo, Atsuko?” le domandò Taehyung. La stanchezza gli era scivolata via dalla faccia non appena aveva visto la donna.
“E’ venuto a darmi la buonanotte e ha detto- Credevo di star sognando, ma ha detto una frase strana.”
“Una frase strana?” chiese Jungkook. Atsuko e lui non avevano mai interagito, era la prima volta che ci parlava. “Tipo?”
“Tipo un addio. Un addio serio.”
Jungkook si morse l’interno delle guance. Si grattò la testa per un attimo, poi entrò in modalità chirurgo. Era l’efficienza fatta persona.
“Io vado a controllare la sua stanza. Taehyung, va al piano di sotto e lei, signora, continui a chiedere in giro. Se nessuno scopre niente ci incontriamo qui fra cinque minuti.”
Cinque minuti passarono, i tre tornarono a riunirsi. Ormai l’intero ospedale aveva capito che c’era qualcosa che non andava e si stavano movimentando tutti.
“Dove altro può essere?” si domandava Jungkook. “Dove, dove?”
Gli squillò il telefono. Fritz non aveva certo il suo numero, ma Jungkook aveva detto a tutti di chiamarlo non appena avessero saputo qualcosa.
“Sì?”
“Deve venire fuori, dottore. Esca dall’ospedale.”
Jungkook si precipitò giù per le scale. Lo seguirono a ruota anche Taehyung e Atsuko e il trio spinse le porte d’ingresso con foga. Corsero in mezzo al parcheggio dove si era riunita una piccola folla. Si sentivano le sirene dei vigili del fuoco in lontananza.
“Fritz!” chiamò Jungkook. Tutti quanti indicarono le stelle.
Il ragazzo si trovava in cima all’ospedale. Era piccolo piccolo visto da lì, alto alto, e sotto di lui c’erano almeno una trentina di piani. Jungkook si sgolò talmente tanto che sentì il sapore del sangue in bocca.
“Che cazzo fate tutti qui, perché nessuno lo sta raggiungendo?” 
“Hanno già provato a sfondare la porta, dottore. E’ bloccata dall’interno.”
Jungkook si voltò verso Fritz, più furioso che mai.
“Idiota!” urlò. “Idiota che non sei altro!”
Fritz non poteva sentirlo. Non poteva nemmeno vedere il sudore sulla sua fronte. 

Sembravano tutti delle formichine da lassù. Erano agitate, correvano da tutte le parti, cacciavano versi, gesticolavano. Dilagava la preoccupazione, ma Fritz non capiva proprio perché. Lui era tranquillissimo. Mai stato più in pace con se stesso. Il mondo che vedeva dall’alto non era quello in cui era nato e lasciarlo non gli dispiaceva affatto. Era come trasferirsi da un posto a cui non si era mai stati legati.
Dio, erano arrivati pure i vigili del fuoco. Una parte della squadra si precipitò all’interno dell’ospedale, l’altra metà attaccò a rifilargli frasi rassicuranti dal basso. Si erano armati di megafono.
“Non ti preoccupare, andrà tutto bene!”
“Qualsiasi cosa tu stia passando troveremo una soluzione!”
“Ogni cosa si può aggiustare! Qualsiasi siano le tue motivazioni non ne vale la pena!”
In piedi di fianco ai pompieri, Jungkook teneva le mani ferme contro il mento. Aveva smesso di urlare come un ossesso e ora si limitava a non staccare gli occhi dalla macchiolina che era Fritz.

Stava pregando Dio. Stava pregando Dio anche se era un ateo convinto.

Fritz non era capace di leggere nel pensiero. E a dirla tutta  non avrebbe dato retta nemmeno a Dio. Era stanco, voleva tornare alla catapecchia.
La porta del terrazzo venne sfondata. I pompieri erano decisamente più forti e attrezzati dei dottori ed erano riusciti a buttarla giù. Non c’era più tempo.
Fritz saltò nel vuoto. I presenti urlarono tutti, ma fu Jungkook a scattare in avanti.
Il chirurgo aveva la testa svuotata. Pregava Dio di tramutarlo in nuvola, mare, cuscino, neve, collina, coperta per andare a gettarsi sotto Fritz. 

Jungkook corse, corse, corse, ma due braccia lo placcarono e il fiato gli mancò. Era quella signora giapponese di prima.

“Mi lasci andare!”
“No, Jungkook.” disse Atsuko. “Questa volta no.”
FREDERICK!”
Fritz si schiantò su un’auto. Il tettuccio di questa si piegò con un rumore di latta e poi non si mosse più niente. Partì l’antifurto.
Per un momento fu tutto bianco. Le persone che avevano assistito alla scena non respiravano. I pompieri spuntarono in cima all’edificio. Erano gli unici a vedere il corpo di Fritz perché dalla strada era del tutto celato. Ne si intravedeva le punte delle scarpe, una mano che strabordava, le ginocchia piegate male, ma il resto di lui era infossato nella lamiera. Una pozza di ferro.
Jungkook non si teneva in piedi. La sua bocca era aperta su una vocale silenziosa, le lacrime infestavano gli occhi sbarrati e non volevano scendere. Atsuko non era abbastanza forte per sostenerne il peso, ma quando Taehyung arrivò fu Jungkook stesso a passare alle sue braccia. Ci si lasciò cadere e Taehyung se lo tenne premuto contro il petto. 
Gli accarezzava i capelli, gli accarezzava la schiena, gli accarezzava le spalle, come chi cerca di far addormentare qualcuno. Il castano gli aveva messo il viso contro il collo. 
Fu una fortuna. Almeno così non vide il rigo di sangue che scese dalla cappotta dell’auto.
Taehyung iniziò a piangere.

THE SLEEPLESS KNIGHT (Libro 2) (BTS FanFiction - Taekook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora