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BUON COMPLEANNO A TUTTI, AGGIORNO SIA OGGI CHE DOMANI ZAN ZAN



La cena passò veloce.

Tra una chiacchera e una portata il tempo passava in fretta e tutti a tavola non facevano che raccontarsi storie, aggiornarsi sulle vite altrui, scherzare.

Era da tanto che Taehyung non si sentiva così bene. Non aveva tensione addosso, non aveva l’ansia di dover ammazzare gente o la paura di essere arrestato da un momento all’altro. Era completamente nella sua comfort zone. Una volta si sarebbe odiato per pensare una cosa del genere, però era inevitabile: dopo cinque anni passati a governare un regno insieme ad inservienti e familiari, era diventato quello il suo genere di ambiente. Taehyung stava bene dove le luci rischiaravano le ombre, dove i pasti erano semplici e le persone erano calde.

Forse era questo suo stare così bene a farlo stare così male.

Per un attimo si era scordato del motivo per cui erano lì. Si era scordato della lama rossa, di Fritz, della missione, e quando gli tornò in mente non riuscì a smettere di rimuginarci. Il pensiero lo tormentò per tutto il resto della cena e, quando lui e Jungkook si alzarono da tavola, Taehyung sapeva già cosa fare. Doveva parlare con Jungkook, incitarlo a ribellarsi contro Fritz, ma quando arrivarono alla camera che era stata preparata per loro si dimenticò di tutto.

La camera di Jungkook.

Non c’era mai stata una camera di Jungkook nella sua testa, prima.

C’era il dormitorio dei Dodici, il cavallo di Jungkook, la divisa di Jungkook, ma la camera no. Quella era una novità.

Taehyung non poteva fare a meno di riempirsi gli occhi: osservava il letto a baldacchino, gli armadi alti fino al soffitto, il letto a baldacchino, le tende alla finestra, il letto a baldacchino, il letto a baldacchino e tutti i mobili in legno scuro. C’era anche un caminetto, ma era spento.

“Quindi vivevi qui?” chiese Taehyung. “E’ qui che ti dovevo immaginare?”

Jungkook si mise a gironzolare per la stanza. Accarezzò con leggerezza lo schienale di una poltroncina in pelle, andò a toccare qualche altro oggetto familiare. Rispose a Taehyung senza restituire lo sguardo, troppo preso a guardarsi attorno.

“Sì, per i primi tempi. Sono rimasto ad Ophidia per almeno due anni, prima di trasferirmi da Frederick.”

“Credevo che voi due vi foste conosciuti quasi subito.”

“Infatti. Non l’ho seguito appena l’ho incontrato, per il primo anno ci vedevamo quando capitava. Il che vuol dire molto spesso, perché Fritz lo faceva capitare almeno una volta a settimana.”

Jungkook andò a sedersi sul letto a baldacchino. Giocherellò con la sponda in legno, ma intanto fece un sorriso distratto.

“Certe volte veniva qui apposta.” continuò. “Poteva anche avere una missione in capo al mondo, veniva qui solo per salutarmi.”

“Lo facevi entrare nel palazzo di mia sorella?”

Jungkook dovette notare la nota scura che aveva preso la voce di Taehyung, ma, nel caso non l’avesse fatto, il biondo gli si sedette davanti. Era buio fuori, loro avevano con sé una misera candela, e quello con il viso rivolto alla finestra era Jungkook. Taehyung e le sue espressioni erano un pozzo di nero.

“No.” disse Jungkook. “Ci vedevamo fuori, nelle locande. Questo posto era invalicabile per lui. Non mi sarei mai permesso.”

“Nh.”

Taehyung non disse niente, per un po’. Jungkook avrebbe voluto sapere a cosa stesse pensando, ma non gli piaceva mai iniziare una conversazione. Si tolse gli stivali, si sedette un po’ più comodamente sul letto. Era soffice come se lo ricordava.

THE SLEEPLESS KNIGHT (Libro 2) (BTS FanFiction - Taekook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora