Stress

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POV Taehyung

Nonostante sia una rottura di scatole, sono felice di andare con Jungkook alla SMI.
Un po' perché lo amo e un po' perché sono l'unico a riuscirlo a tranquillizzare in caso succedesse qualcosa.
Capisco che Namjoon gli voglia far fare esperienza ma non appoggio a pieno il fatto che lo abbia letteralmente terrorizzato.
Si è vero, rischiamo che qualcuno ci punti una pistola alla testa in qualsiasi momento, ma è anche vero che stiamo andando in pieno giorno in un edificio di massima sicurezza.
Insomma, non c'è bisogno di preoccuparsi così tanto dai.

Ma a quanto pare Jungkook non la pensa così, lo vedo chiaramente.
Tiene le mani salde sul volante e, mentre fa retromarcia, il suo viso è corrucciato in una smorfia pensierosa. Le sue labbra sono leggermente strette e sembra pensare a qualcosa.

Avrei voglia di mettere le mie mani sulle sue ed accarezzargli i suoi soffici palmi... ma finiremo per tamponare un'altra macchina.

Scendiamo sbrigativi e ci incamminiamo verso l'entrata dell'edifico.
Abbastanza moderno, tipico di un'università. Ha un'insegna grande all'entrata con il nome dell'istituto e ci sono parecchie finestre che, deduco, siano aule.
Le uniche persone che vediamo sono i passanti, e alcuni militari che si allenano in un'area lontana da noi.

Mentre si aprono le porte sento Jungkook inspirare rumorosamente, vuole farsi coraggio e dimostrare a tutti (e soprattutto a Namjoon) quanto vale, anche se lo sappiamo benissimo.
Oh piccolo, non sai quanto ti vorrei abbracciare in questo momento.

Non appena le porte si aprono, tutto il via-vai di pivelli in divisa si ferma a guardarci.
Loro hanno le tute mimetiche, noi siamo vestiti solo in nero, armati fino ai denti, due giubbotti antiproiettile e modestamente molto attraenti. Alcuni di loro borbottano tra loro, capendo che non facciamo parte dell'istituto e mi viene da ridere, pensando di essere a una sfilata.

Ci mettiamo a camminare alla cieca per i corridoi, non vediamo nessuno di competente a darci informazioni, solo piccoli cagnolini impauriti che ci guardano con la coda tra le gambe. E questi ragazzi vorrebbero entrare nelle forze dell'ordine?

Ci guardiamo intorno fino a che un signore con diversi distintivi ci viene incontro storcendo il naso. Mi sa tanto che è un superiore.
Ci avviciniamo a lui alzando una mano, facendogli capire che abbiamo bisogno di informazioni, ma lui ci anticipa e parla per primo.

«Siete voi che state spargendo terrore tra queste pecore?»
chiede riferendosi a quelle povere reclute.
Ha all'incirca una quarantina d'anni, ma non ha gli occhi come i nostri, sembra occidentale e parla un coreano perfetto.
È un po' sovrappeso e mi sta già antipatico, credo che non ci andrò per niente d'accordo.
Però se sarà disposto a collaborare, stringerò i denti e sopporterò questa botola parlante.

Gli facciamo vedere in fretta i distintivi e Jungkook sembra aver ripreso un po' di calma.

«Bulletproof. Agenti speciali Kim Taehyung e Jeon Jungkook.»

Ci guarda di sottecchi e dà una sbirciata in giro, non capisco di cosa si preoccupi. Si vede che non vede l'ora che riponiamo i distintivi.
Forse non vuole far pensare ai presenti che siamo della polizia e che stiamo investigando sulla sparizione di un loro compagno.
«Mark Hamilton, seguitemi.»

E così è americano...
Forse è solo una mia sensazione, ma questo non me la racconta giusta.
Ci incamminiamo per i corridoi, seguendo questo Mark che ci fa da guida. Ho notato solo adesso che i ragazzi non sembrano scossi o preoccupati per la scomparsa di quel ragazzo. O queste reclute sanno più di quello che pensiamo, o non sanno dell'accaduto, oppure Kang non aveva tanti amici.

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