Falla e basta

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Capitolo 19

Niccolò era sveglio ormai da mezz'ora almeno e quando si decise finalmente a scendere al piano di sotto, trovò Sara intenta a sistemare tutto ciò che gli capitava sotto mano

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Niccolò era sveglio ormai da mezz'ora almeno e quando si decise finalmente a scendere al piano di sotto, trovò Sara intenta a sistemare tutto ciò che gli capitava sotto mano.
Si era svegliata due ore prima di lui e dopo aver ripreso coscienza, aveva iniziato a sistemare tutto il casino della sera precedente, odiava il disordine e di certo non se ne sarebbe rimasta seduta a guardare.
Stava cercando di togliere una grande macchia dal divano reggendosi sulle gambe, era una delle ultime cose da sistemare in casa, ma al quanto pare sembrava esserci finita un intera bottiglia di vino sopra.
Niccolò si avvicinò a lei ancora mezzo addormento e le prese lo straccio dalle mani.

«oh, ciao, non ti avevo sentito» disse Sara alzandosi in piedi.

Lui l'avvicinò a sé e l'abbracciò, un po' per tutto ciò che aveva fatto e un po' perché di mattina sapeva essere raramente un orso coccoloso con chi non gli stava antipatico.

«perché hai sistemato tutto? Non dovevi»

«tranquillo, non l'avrei fatto se non avessi voluto, comunque scusa se ieri sera sono rimasta qui, non ci ho capito un bel niente in realtà»

«fa nulla, avevi bevuto abbastanza» precisò lui ridacchiando.

Sara diventò rossa dall'imbarazzo, non beveva quasi mai e poteva solo immaginarsi le scemenze che aveva detto nei momenti di sbornia.
Niccolò si staccò per raggiungere la cucina, lei si limitò a seguirlo.

«quando tornano i tuoi?» gli chiese poggiandosi alla cucina.

«credo questa sera, vuoi che ti accompagni a casa?»

«ti sei appena svegliato, quando vuoi per me va bene, ti ho già dato troppo fastidio»

«allora no, stai ancora un po' con me» rispose Niccolò facendo spallucce.

Mentre metteva la moka del caffè sul piano cottura, passò velocemente gli occhi su Sara, notando che aveva ancora il vestito elle scarpe della sera prima.
Le fece segno di guardare il caffè, poi salì in camera sua per vedere se c'era qualcosa che poteva darle.
Prese un leggins di sua sorella e una felpa che però apparteneva a lui, porgendoli a Sara appena ritornò in cucina.

«che devo farci?»

«mettili, vuoi restare per tutto il tempo così?»

«aspetta, ma di chi sono i leggins?»

La ragazza subito penso che fossero di qualcun'altra, quando però lui gli disse che erano di sua sorella, annuì semplicemente in risposta; per poi cercare un bagno per la casa.

-

«quindi hai preso un altro due al compito di latino, puoi farci una collezione da appendere al muro» ironizzò Sara trattenendo una risata.

«oh lo so, ho più insufficienze che tatuaggi»

«e quanti ne hai?»

Niccolò si sfilò la maglietta con disinvoltura, mentre Sara portò lo sguardo dal lato opposto già rossa in viso, non si aspettava di certo che si levasse la maglia per farle vedere.

«mamma mia neanche facessi lo spogliarellista, volevo solo farti vedere, guarda» le disse accennando una risata.

Iniziò a farle vedere i suoi tatuaggi, a spiegarle il significato, che a dire il vero era molto più profondo di ciò che si può immaginare.
Ognuno aveva un proprio "perché", molti anche più di uno, e subito questo la colpì.
Certo quando si hanno tanti tatuaggi possono sembrare fatti per occupare spazio, eppure lui non ne aveva uno che non avesse una motivazione.

«i miei preferiti sono questi due»

Sara indicò il tatuaggio sul petto, against the world, e quello sulla mano, l'occhio piangente.

«mi accompagni fuori?» chiese Niccolò alzandosi dal divano.

«certo, ma perché?»

Lui in risposta le indicò il pacchetto di sigarette, non fumava dalla sera prima ed era quasi ora di pranzo.
Si diressero entrambi verso la terrazza, Sara si sedette sulla ringhiera, Niccolò ci era semplicemente poggiato vicino a lei.

«hai mai fumato te?» le chiese indicandole la sigaretta.

«oh no, io..»

«fammi pensare, tuo padre s'incazzerebbe?»

Ormai Sara dava sempre la stessa risposta, ma era vero.
Suo padre era sempre stato molto ordinario, lui stesso non aveva mai toccato una sigaretta, per tanto non voleva lo facesse sua figlia.
Niccolò si avvicinò e le puntò la sigaretta vicino alle labbra.

«prova, un tiro non ti fa nulla, hai diciassette anni e non devi stare sotto schiavitù di tuo padre, lo capisci o no?
Se vuoi fare qualcosa, falla e basta» le spiegò il ragazzo guardandola dritto negli occhi.

Lei sospirò e poi annuì, prendendo quel che rimaneva della rigaretta dalle mani di Niccolò.
Appena aspirò il primo tiro, com'è normale che fosse, iniziò a tossire.
Ne fece altri due dove andava un po' meglio, poi gli porse ancora la sigaretta.
In un certo senso si sentiva svuotata, come se fosse un po' più libera, Niccolò l'aveva aiutata a fare per la prima volta qualcosa che andasse contro il volere di suo padre, nessuno ci riusciva.
E non per la sigaretta in sé, quella le aveva fatto abbastanza schifo, ma per il gesto.

«posso bere un po'? ho un brutto sapore un bocca» chiese Sara arricciando il naso per il sapore di tabacco che aveva in bocca.

Niccolò annuì e le fece segno di aspettare, per poi tornare poco dopo con un bicchiere d'acqua.

«posso fare una cosa?»

«certo, che cosa?» chiese in risposta Niccolò.

Sara d'istinto lo abbracciò, ne sentiva uno strano bisogno e non ne capiva neanche il perché.
Ci stava bene tra quelle braccia così grandi, si sentiva una bimba piccola e protetta.
Niccolò non si oppose, annodò le braccia attorno alla sua vita e la strinse più forte.

«se ti stai chiedendo il perché, non abbraccio mai nessuno, quindi volevo farlo adesso» balbettò lei nell'incavo del suo collo.

Lui in risposta strinse la presa, gli piaceva che facesse tutto ciò che si sentiva con lui, o almeno quasi, non riusciva ancora ad ammettere i suoi sentimenti.

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