Questa volta aveva scelto lui

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Capitolo 60

Una settimana, sette giorni, centosessantotto ore e chissà quanti minuti e secondi

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Una settimana, sette giorni, centosessantotto ore e chissà quanti minuti e secondi.
Poteva succedere di tutto in una settimana, potevi fare un viaggio, studiare per un compito, eppure quella settimana Niccolò e Sara la passarono a fare il nulla assoluto.
Stop alla scuola, stop al lavoro, mangiare il giusto per non svenire, bere altrettanto, basta vedere gli amici, basta dedicarsi a se stessi..
Nel momento esatto in cui loro erano crollati, il mondo attorno aveva fatto lo stesso.
L'unica persona che c'era per Sara era sua madre, più che altro accettava di vederla perché abitavano nella stessa casa, ma per Niccolò chi c'era?
Lei era l'unica persona che riusciva a non farlo sentire solo, a farlo sentire accettato e amato soprattutto, e adesso?
Adesso niente, la notte era solo quando faceva incubi, il posto di fianco al suo era perennemente vuoto, non sfiorava le sue labbra neanche con un bacio innocente da chissà quanti giorni.
Lui sapeva che lei non se n'era andata, sapeva che se avesse davvero avuto bisogno sarebbe bastata una chiamata, ma com'è che si dice.. L'orgoglio uccide.
In un certo senso si sentiva in colpa, lui ne aveva fatte di cazzate per cui essere lasciato, ma Sara non l'aveva fatto, mentre lui per una motivazione anche banale si.
Provò a mettersi nei suoi panni, che avrebbe fatto se la sera in cui avevano litigato lei fosse andata a bere e un altro ragazzo l'avesse baciata?
Avrebbe dato di matto, le avrebbe urlato addosso, gli avrebbe detto di non voler più sentirla per un po'..
E in effetti è quello che ha fatto, ma è stato lui a tradirla più o meno.
Certo, aveva baciato quella ragazza dopo averla lasciata, ma non era una rottura come si deve.
Una vera rottura è stata quella del mattino successivo, dove entrambi erano lucidi e avevano parlato come persone civili.
Fatto sta che l'unico a parlare doveva essere solo Niccolò, aveva chiesto del tempo e lui avrebbe dovuto dirle cosa fare o meno, Sara doveva solo aspettare, aspettare e aspettare..
Non usciva di casa da una settimana, solo i suoi amici erano venuti a trovarlo, l'aria stava man mano cambiando e diventando più calda rispetto a gennaio.
Aveva le occhiaie profonde coperte dagli occhiali da sole, le mani in tasca e lo sguardo a pezzi, ma non si sarebbe nemmeno immaginato l'aspetto di Sara.
Aveva i capelli spettinati dal giorno prima ancora, una semplice tuta, struccata, il letto era disfatto da una settimana ormai, di fianco c'erano pacchi infiniti di fazzoletti puliti e un cestino con quelli sporchi di lacrime.
Ad aprirgli la porta però fu sua madre che stava andando a lavoro, quando vide Niccolò la donna non potè fare altro che guardarlo con uno sguardo stracolmo di tristezza, ci stavano male entrambi.

«mà ti ho detto di non entrare! Se ho fame vengo stasera» balbettò la bionda sentendo la porta aprirsi.

Si mise sotto le coperte e chiuse gli occhi, non voleva sentire ancora gli incoraggiamenti di sua madre per andare avanti.
Quando sentì una mano posarsi delicatamente sulla sua testa stava per respingerla, ma quella non era la mano di sua mamma.
Era più grande, calda e piena di tatuaggi, quelle mani l'avevano accarezzata così tante volte che lo stesso tocco non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo.
Si voltò di scatto e finì tra le braccia della persona che aveva sognato per tutti quei giorni, quelle braccia che le erano mancate da morire.
Iniziò a piangere silenziosamente sul suo petto, lui non poteva vederla ed era anche meglio.

«perché sei qui?» gli chiese cercando di mantenere un tono di voce normale.

«perché non sei l'unica a stare di merda» le rispose semplicemente cacciando un sospiro.

«mi manchi da morire nic..
Lo so che ho sbagliato, ho capito i miei errori e so che tu hai pienamente ragione, ma non riesco a stare così..»

Niccolò rimase in silenzio, di certo quella situazione iniziava a pesargli e non stava per nulla bene, ma perdonandola non voleva che poi tornassero punto e da capo.
Aveva perfino provato a tornare lo stesso di prima, ma non ci riusciva.
Ogni ragazza gli sembrava insignificante in confronto a lei, nemmeno con litri e litri d'alcol riusciva a dimenticarla, l'unico risultato erano ore col voltastomaco.

«ascolta, non sto bene neanche io, altrimenti non sarei qui.
Ciò non cambia i fatti, capisci che mi fa male quando metti gli altri davanti a me, a noi due?
Sono disposto a riprovarci, ma nulla di serio, il mio tempo non me lo sono ancora preso, ma forse questo tempo ho solo bisogno di passarlo con te per schiarire le idee»

Lei alzò il volto e prendendogli il viso tra le mani lo baciò, era tutto ciò che desiderava fare da tutti quei giorni.
Non era nulla di ufficiale, non potevano definirsi più una coppia, sarebbe stato solo il tempo a decidere cosa sarebbero stati, anche se tutti ormai sapevano come sarebbe andata a finire.
Come? Sarebbe finita molto meglio di com'è iniziata, ad amarsi anche di più forse.
Lui non si oppose a quel bacio, le asciugò le lacrime e fece una leggera pressione sui fianchi, non poteva negare che tutto questo gli era mancato da morire.

«hai rimesso il piercing» le disse appena allontanarono i loro visi per riprender fiato.

«se per questo non andrò neanche a casa di mio padre, qualcuno mi ha detto di dover imparare a rispondere e a pensare con la mia testa, ed io l'ho fatto»

Quelle parole non furono chissà quanto dettagliate o altro, eppure per Niccolò significarono più del dovuto.
Con un sorriso stampato in volto le lasciò un leggero bacio sulla punta del naso, questa volta aveva scelto lui, lui e nessun altro.

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