Diciotto

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Capitolo 53

Era passata una settimana da quella giornata in ufficio, Sara dopo esser scesa era corsa da sua madre a farle vedere il regalo, è stata proprio lei a convincere suo padre in tutti i modi per lasciarla andare

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Era passata una settimana da quella giornata in ufficio, Sara dopo esser scesa era corsa da sua madre a farle vedere il regalo, è stata proprio lei a convincere suo padre in tutti i modi per lasciarla andare.
La mezzanotte si avvicinava e la testa della ragazza era strapiena di pensieri.
Pochi minuti e di fianco a quell'uno ci sarebbe stato un otto, non più un sette.
Non era un semplice cambiamento d'età, come dai quattordici ai quindici anni, cambiava qualcosa questa volta.
In lei non sarebbe cambiato nulla, eppure per lo stato e tutta la comunità sarebbe stata a tutti gli effetti un adulta.
In aeroporto non gli avrebbero più chiesto chi fosse il suo tutore per salire in aereo, non avrebbe dovuto più pretendere il consenso dei loro genitori per fare nulla, perché ormai quel numero "18" stava a significare un po' la libertà, l'indipendenza.
Non sarebbe stato facile, finito il liceo e anche l'università ci sarebbe stato un lavoro, una vita davanti, ma a questo era ancora molto presto per pensarci.
Alla mezzanotte mancava poco, tutti erano a di Sara per festeggiare con poche preparazioni il suo compleanno.
C'erano tutti gli amici di Niccolò, Andrea, Vanessa e i suoi cugini, perfino entrambi i genitori.
Fortunatamente insieme a sua madre aveva un appartamento grande, erano in molte persone.
Lei era posizionata dietro la tavola, davanti c'erano tutti e di fianco Niccolò con lo champagne tra le mani.

«vieni qui» gli disse lei voltando lo sguardo verso il suo ragazzo.

Gli prese la mano e gli lasciò un tenero bacio sulla guancia, in attesa che l'orologio segnasse "00:00"
Suo padre intanto guardava la scena da lontano, pensare che quel ragazzo la rendesse felice ancora non gli andava a genio, non rientrava per nulla nei suoi gusti.
Sfortunatamente Sara dal giorno dopo sarebbe stata maggiorenne, avrebbe deciso lei cosa fare e non gli avrebbe mai potuto impedire di andare in viaggio.
Quel minuto finalmente finì, era il due febbraio e grandi urla si alzarono nella stanza.
Il tappo della bottiglia volò in aria e le labbra di Sara e Niccolò combaciarono perfettamente davanti a tutti.
Stava perfino fuoriuscendo lo champagne, eppure nulla avrebbe rovinato quel momento.

«resti ugualmente la mia bambina» sussurrò Niccolò ad un palmo dal suo viso.

Nonostante Niccolò non la baciasse davvero da una settimana per via del piercing, di certo non poteva farlo ora davanti a tutti, avrebbe dovuto aspettare ancora, ma adesso gli andava bene esser lì con lei.
Tutti erano contenti di vedere quella scena, tutti tranne uno di loro.
Gabriele sorpassò chiunque avesse davanti ed uscì in balcone, la cotta per Sara era rimasta per tutto quel tempo e ancora non riusciva a togliersela dalla testa.
Lei non l'avrebbe mai nemmeno guardato, mettersi contro Niccolò sarebbe stato del tutto inutile.
Aveva visto com'era corsa tra le sue braccia appena il moro aprì la porta settimane prima, ed era vero.
Se mai Sara aveva paura, la prima persona che gli veniva in mente era proprio Niccolò, forse anche per questo quando lui alzò la voce per la prima volta lei non scappò, bensì pianse sul suo petto.
Si, aveva paura, si era trasformato totalmente in un altra persona, ma da chi sarebbe dovuta scappare se l'unico a proteggerla era solo lui?
D'altro canto, ad accorgersi del comportamento insolito di Gabriele, fu solo Andrea.
Prese un bicchiere di champagne in più dalla tavola e lo raggiunse, poggiandosi con lui al balcone.

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