L'inizio di un incubo.

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Ashlee

<< 911 come possiamo esserle d'aiuto? >>
<<I miei genitori... i miei genitori, aiutatemi... hanno bisogno d'aiuto.>>
Dissi queste parole con fatica. Il respiro mancò e gli occhi non vedevano più tutti i colori in maniera limpida.

Ero qui per fargli una sorpresa. Sono entrata in casa, con la voglia di abbracciarli. Dopo due mesi che ero lontana da loro.
Me li aspettavo seduti su quel divano grigio, mamma con un libro in mano e mio padre con una sigaretta in bocca.
Ma quel sorriso, svanì , quando aprendo la porta, trovai una scia di sangue che portava alla cucina. Seguii quel sangue, sperando che quello che vedevo  fosse frutto della mia immaginazione. Mi dovetti ricredere, quando davanti a me, c'erano le persone che amavo più della mia vita a terra. L'uno di fianco all'altra.

<< Pronto è ancora lì ?>> Mi disse la persona dall'altra parte del telefono, ma avevo un nodo alla gola, che non mi faceva neanche respirare.

Passai il telefono al mio fidanzato Evan, dopodiché mi accovacciai all'entrata di casa.

<<Dove vi trovate in questo momento?>>
Sentii dire dall'altra parte.
<<Si pronto, sono il fidanzato, ci troviamo al 126 di New Street.>>
<<Va bene, cosa è successo ?>>
<<I genitori della mia fidanzata, loro... sono.... Fate in fretta!>>
<<La pattuglia arriverà presto insieme ad un'ambulanza.>>
Non comprendevo quello che stava succedendo attorno a me, davanti ai miei occhi c'era solo il buio più assoluto.
Sembrava un incubo, che non aveva fine e dal quale non riuscivo a svegliarmi. 

Improvvisamente, tutto quel silenzio venne disturbato dalle sirene dell'ambulanza seguite da quelle della polizia, realizzai  in quel momento, che tutto era reale.
Le lacrime continuavano a scendere, non riuscivo a fermarmi, non riuscivo a fare niente, niente che potesse riportargli da me.
Ogni muscolo del mio corpo si era bloccato.
Io mi ero bloccata.

Un agente si avvicinò a me: <<Capisco che è un momento difficile.>>
Alzai  lo sguardo pieno di rabbia e gli urlai contro come se la colpa fosse sua: <<No lei non capisce, perciò non mi faccia il vostro solito discorso.>>
In quel momento un altro  agente corse verso di noi, la sua faccia era pallida e preoccupata.
"Will ... devi andare con una pattuglia a casa tua.''
"Andy cosa succede?''
"Amico... mi dispiace...'' Sono le uniche parole che riuscii a comprendere.
I due agenti si erano allontanati, dopodiché vidi l'agente che poco prima parlava con me sbiancare, i suoi occhi si spalancarono, corse verso la macchina partendo a tutta velocità.

<<Signorina, sono l'agente Andy , mi servirebbe la sua dichiarazione di quanto accaduto.>>

Stavo raccontando, quando due barelle uscirono da casa mia, i volti erano coperti, mi precipitai su di loro e urlai: <<Dove gli portate?Non sono morti. Loro non sono morti ...no non lo sono.>>
Proferii le ultime parole abbassando il tono della voce, cercando di convincermi che si stavano sbagliando. Che loro erano vivi, che io gli avrei potuti avere ancora un po', volevo solo dirgli "vi voglio bene." Perché non avevo avuto la possibilità di dire questo, perché? Perché mi erano stati strappati così da un momento all'altro?

Ero con le mani sui loro corpi avvolti da dei teli.
Con la testa piena di domande, piena di perché e nessuno che mi dava una spiegazione logica.
Anche se di logico non c'era proprio niente, anzi era tutto surreale.

Evan mi afferrò i fianchi e mi avvolse tra le sue braccia.
Era tutto un incubo.

Spazio autrice.

Pubblicherò i capitoli una volta a settimana.
Ogni venerdì.
Spero che la storia vi piaccia, fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate.
Buona lettura .❤️

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