Un brutto presentimento.

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Ashlee

Dopo la telefonata improvvisa riguardo al caso, Andy è corso in commissariato.

Il silenzio, la preoccupazione sia mia che quella di Will, ha interrotto e rovinato la cena.

Siamo in macchina, diretti verso casa mia, in una quiete abissale.

<<Will.>>
Parlai finalmente, senza aver nulla da dire
<< Mhh..>>
La sua non fu una risposta, ma semplicemente un verso uscitogli involontariamente.
<< Cosa ti preoccupa?>>
La domanda la feci a lui, ma avrei tanto voluto riceverla.
Avevo mille paure, mille domanda è mille preoccupazione, che mi frullavano in testa.
Decisi però di farle tacere e ascoltare quelle della persona che amo.

<< Non lo so.>>
La sua risposta fu talmente tanto inaspettata, da zittirmi.
<< Ho un brutto presentimento.>>

Sapevo a cosa si riferiva.

Era come guardare un film horror, sai che qualcosa di pauroso uscirà da dietro l'angolo, ma fa paura lo stesso.

La mano calda di Will, toccò  la mia coscia.
Quel gesto, quel piccolo gesto, mi tranquillizzò.
Dio se quel contatto mi fece sentire bene.

Il mondo intorno a me si fermò, io mi fermai.
Mi fermai a Noi. Mi fermai a lui.

Solo lo squillare del telefono, fece ripartire tutto intorno a me. E mi accorsi solo in quel momento, quanto veloce il mondo andasse, quanto veloce noi andassimo.
Dimenticandoci dei piccoli gesti della vita.

<< Si pronto, Andy!>>
La sua voce mi fece scuotere la testa, voltandosi verso la sua figura.
Guardai il suo viso, le sue mani, il suo corpo.
Niente mi anticipò a quello che Andy gli stava dicendo.
<< Arrivo !!!>>
Non capì, guardai i suoi occhi, ma al loro interno trovai solo un'enorme vuoto.

<< Cos'è successo?>>
Chiesi con la voce tremolante una volta chiusa la telefonata.
<< Andy vuole che lo raggiunga in commissariato.>>
<< Vengo anch'io!>>
Mi ritrovai a dire con tutta me stessa. Ogni minima parte di me, voleva andare con lui.

<< No piccola. Adesso vai a casa, appena finisco vengo da te e ti racconto tutto. >>
<< Va bene.>>
Accettai senza fare resistenza. Non so per quale motivo lo feci.

Ci vollero qualche secondo prima che mi rendessi conto, di essere davanti casa mia.
Mi voltai verso Will, poi, gli stampi un bacio veloce.
Scesi dalla macchina, e mi bloccai sul ciglio della strada guardano la sua auto sparire nel buio.

Entrai in casa, solo quando il freddo, il quale mi  face capire che l'autunno stava arrivando, invase tutto il mio corpo.

Tolsi le scarpe, e le lasciai lì, senza preoccuparmi di metterle apposto.

Mi gettai a peso morto sul divano, il quale sembrava l'unico disposto a stare con me e darmi conforto questa sera.
Chiusi gli occhi, cercando di scacciare via i brutti pensieri.

Quando la piccola pala di pelo iniziò ad abbaiarmi.
Gli feci segno di salire sul divano, per poi rendermi conto, che era troppo piccolo per riuscirci.
La presi in braccio e la accoccolai sulle mie gambe.
<< Menomale che ci sei tu piccola.>>
Sussurrai accarezzandole.

Fissavo le lancette dell'orologio. Giravano e giravano, era come se qualcuno le rincorresse e loro stavano scapando per salvarsi.
Io in quel momento mi sentivo rincorsa, ma non da qualcuno, dalla paura.

Forse il mio problema era che, nonostante tutto, nonostante le sofferenze, sapevo che ero ben lontana dal classico lieto fine.
Trattenni il respiro e ricacciai le lacrime che minacciavano di uscire.
Cosa aveva in serbo per me il destino?

William

Avevo paura,avevo paura di incontrare gli occhi di colui che mi aveva cresciuto e di non riconoscergli più. Speravo con tutto me stesso che non l'avesse uccisa lui.
Più mi avvicinavo al  commissariato, più volevo scappare. Sentivo che qualcosa non andava.

Feci il giro della rotonda tre volte prima di svoltare per il vicolo che mi avrebbe portato al commissariato.

Ogni passo che facevo verso quel enorme edificio grigio, riportava in me la famiglia felice, che credevo di avere.

Mi bloccai solo quando fui davanti alla grande porta in vetro del nostro ufficio.
Feci un respiro profondo, poi, poggiai la mano sulla maniglia in metallo e lasciai che il freddo di esso invadesse tutto il calore della mia mano.

Andy comparve alle mie spalle, ma , me ne accorsi solo quando lo sentii parlare.
<< Will, entra.>>
Dalla sua voce, capii che aveva scoperto qualcosa di preoccupante.
Annuii abbassando la maniglia. Entrai in quello che era il mio rifugio, la mia felicità, quello che avevo messo in secondo piano da un po' di tempo.
<< Forse è meglio che ti siedi.>>
Aggiunse il mio migliore amico, indicandomi la sedia della sua scrivania.
Mandai giù il groppo in gola e mi gettai a peso morto sulla sedia nera della scrivania di Andy.

Non ebbi il coraggio di parlare, il respiro mancò per qualche secondo, quando il ragazzo davanti a me si schiarì la voce.

<< È meglio che tu legga questo!>>
Disse senza aggiungere altro, passandomi dei fogli.
Leggere quelle parole, leggere quei messaggi mi fece crollare un grosso macigno  sulle spalle. Facendomi sentire sempre più caldo, sempre più pesante.

Mi fermai, chiusi gli occhi per poi riaprirgli e accertarmi che tutto questo fosse reale e non il frutto di qualche bicchiere di troppo.

<< Cosa significa?>> domandai al mio amico.
<< Will, sai meglio di me cosa è successo.>>
Scossi la testa, cercando di negare l'innegabile.

Non poteva essere così, non doveva essere così.

<<W..ill c'è anche questo.>>
Balbettò il mio amico, porgendomi il foglio tremolante.
Afferrai la carta e quello che ci ritrovai sopra mi fece molto male. Mi creò un dolore insopportabile allo stomaco che mi costrinse a piegarmi leggermente in avanti.

Speravo di non arrivare nel dover scegliere.

Come potevo? Come avrei trovato il coraggio nel rinunciare a lei.

Mi alzai iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.
<< Will ti prego calmati. Troverai un modo.>>
Poggiai le mani sulla scrivania facendole scorrere su di essa, facendo cadere tutto quello che si trovava al di sopra.
<< Will..>>
Andy mi poggiò  una mano sulla spalla.
Mi scansai come se la colpa fosse la sua, senza dargli il permesso di continuare uscii da quel ufficio che mi faceva sentire in gabbia.

Una volta fuori dal mio ufficio, il fiato iniziò a mancarmi completamente, il cuore galoppava nel petto.  Era la stessa sensazione, di quando fai apnea per troppo, ma davvero troppo tempo.

Cercai di arrivare alla mia auto, ma nonostante  era parcheggiata davanti al commissariato, sembrava allontanarsi a ogni mio passo.
Mi accasciai su un lato delle enormi scale, scoppiando improvvisamente in un pianto.

Perché a me? Perché a noi?
Mi ritrovai con mille domande fra la testa.

All'improvviso sentii il telefono vibrarmi in tasca, lo tirai fuori e lessi.
- Amore tutto bene? Fra quanto arrivi?
Non avevo la forza nemmeno di rispondere ai suoi messaggi.
Sapevo che le dovevo parlare, delle cose scoperte, ma in questo momento non avevo la forza di farlo.
Non sapevo dove andare, non sapevo più niente.
Tutte le mie certezze erano svanite nel nulla.

Finalmente ebbi quel briciolo di forza necessaria per alzarmi e andare nella mia auto. Una volta dentro, partii, spingendo il piede sull'acceleratore.

Senza una meta o una destinazione

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