I corridoi sembrano più sbiaditi del bianco che li imbratta da anni. O forse è solo la vista che continua a schiudersi per l'arrivo del sonno, sono giorni che non chiudo occhio e le mie nottate sono state accompagnate da pianti interrotti e incubi tirati dal buco di un passato scuro senza la benché minima via di verità, celate dietro un muro di bugie.
Le mani fredde di Sallie si poggiano sulla mia schiena riportandomi alle pareti bianche, calo lo sguardo sulle scarpe e barcollo fino a perdere l'equilibrio.<<Kim, resisti, siamo quasi arrivati>> mi incoraggia mettendo sulle spalle il mio braccio penzolante sul fianco, quello non dolorante. Cassandra ci vede arrivare ma alla mia vista è solo un piccolo puntino che si sposta velocemente in tutte le direzioni.
La stanza in cui entriamo poco dopo sembra rimpicciolirsi man mano che ci facciamo strada e qualcosa di morbido tocca il mio sedere.Mi viene sparata negli occhi una luce forte e quando allarga le palpebre ho un dolore lancinante alla testa.
<<Niente sangue negli occhi. Per fortuna non ha stretto la presa>> sento dirgli in modo preparato e senza un briciolo di agitazione, dei passi frettolosi picchiettano sul pavimento lasciandomi ancora più frastornata. Tasto con le mani la superficie su cui mi hanno posizionata e mi distendo completamente sul lettino per mettermi comoda.
Il polso mi viene afferrato delicatamente e tastato in modo che possa assicurarsi che non sia rotto, ma dal dolore che avverto ho la sensazione che sia il contrario.
Faccio un cenno col capo insistendo alla sua affermazione ovvia, <<No tesoro, non è rotto. Hai solo una brutta contusione, basterà della pomata e un massaggio per farlo ritornare come prima. È solo questione di tempo.>><<Che mi dici del collo?>>
Insisto afferrandolo nel palmo della mano e ripercorrendo i tratti in cui avverto le sue dita stringermi la gola. Mi fa male, e tanto.Cassandra mastica lentamente qualche parola ma non riesco a sentirla, è di spalle e parla con Sallie, ma dice che forse non è nulla di grave ma avrei potuto rischiare grosso se non gli avessi tirato quel calcio.
<<Hanno preso questo decerebrato di mente?>> Chiede lei, la voce risuona lontana e profonda.
Si è allontanata ma non riesco comunque a vederla, Sallie gli risponde a tempo eppure sono proprio al mio fianco. Le voci si spengono nell'attimo in cui Sallie si avvicina e ascolto le sue ultime parole.<<Se l'è cavata da sola e non è ancora morta.>> Cos'è questo buio che mi circonda?
~
*<<Mamma, dove sei?>>
Rientro di corsa in casa dopo un paio di ore che ero fuori in giardino per prendere il sole, ho sentito degli strani rumori al piano di sopra e non ci ho pensato due volte a rientrare in casa. So che la mamma sta combinando qualcosa, ma una di quelle cose non buone, ha le idee sconnesse per via della separazione con papà e io sono costretta a starle continuamente dietro.
<<Mamma, dove sei?>>
La richiamo di nuovo, mi pulisco i piedi sullo zerbino e arrivo alla coda delle scale. Del vetro si frantuma sul pavimento e senza pensarci salgo le scale a grandi falcate, mangiando i gradini a due a due aiutandomi con la parete e il corrimano per darmi la spinta, quasi da perdere l'equilibrio in avanti.
<<Mamma, dove sei? Che cosa stai combinando?>> Chiedo nel nulla, perché lei non c'è una volta arrivata al piano di sopra. Noto invece una bottiglia di vodka frantumata fuori dal bagno e ne vedo un'altra rotolare sul vetro in pezzi. La porta si socchiude e sbircio dalla fessura appena aperta. Arrivo poco più al di sopra della maniglia, lei non si accorge di me perché il pianto copre qualunque altro rumore che le circonda. Si rannicchia sul pavimento di fianco alla vasca e sorseggia con le lacrime un altro sorso di vodka, una terza bottiglia vuota che lascia scivolare fino alla porta.
Dove ha preso tutto questo alcol?
<<Kim>> mi richiama con la voce spezzata, <<Ritorna in giardino tesoro, la mamma deve fare una cosa>> che cosa?
Cosa deve fare? Vuole abbandonarmi? Deve fare un'altra puntura delle sue che la fanno dormire tanto? Non voglio andare in giardino, e non ci sarei andata nemmeno se me lo avesse chiesto.
Tipo come adesso.
<<Perché stai bevendo così tanto, mamma? Questa roba ti farà stare più male>> l'avverto, mi piego sul pavimento gattonando sulle mattonelle fredde per avvicinarmi a lei, vedo che la quarta bottiglia è sopra il lavello, ancora confezionata.
L'afferro ma prima di portarla via lontano dalla sua visuale, lei mi prende di soppiatto strattonandomi e stringendomi il polso. Osservo con astio il volto rosso e stanco di mia madre, vorrei poterle essere d'aiuto in qualche semplice e banale gesto, ma la sua mente è rimasta a quando papà era ancora qui con lei. Ben due anni fa, eppure è passato già così poco tempo da quando è andato via.
<<Non toccarla!>> Mi ordina furiosa, i denti serrati come un cane pronto a morderti.
<<Non voglio berla>> la rassicuro, i suoi occhi si inondano di rabbia come se le avessi appena fatto un torto. Alza l'altra mano per tirarmi uno schiaffo e il suono secco mi echeggia nella testa.
<<Ti ho detto che non la devi toccare. È mia!>> Le lacrime scivolano sulle sue guance e le sue mani sono salde sul collo della bottiglia, che porta frettolosa e bisognosa alla bocca.
<<Sono una nullità come madre>> si rimprovera lasciando andare la bottiglia per afferrare invece la mia testa, stringermi i capelli e avvicinare il suo viso al mio.
<<Sei l'unica cosa che mi resta e non voglio che mi ricordi così, figlia mia>> le mani afferrano saldamente il mio collo e non riesco a fare a meno di stringere i suoi polsi per allontanarli.
Mi capovolge sul pavimento e trattengo il respiro per la paura di rimanerne senza, scalcio sotto di lei per cogliere qualche punto debole e mai avrei immaginato fosse così difficile.
Sono solo una bambina di dieci anni, e se davvero avrei dovuto combattere per così tanto cosa dovrò affrontare quando sarò grande?
La mamma stringe gli occhi in due fessure e le mani allentano la presa, ma restano su di me e il suo peso mi schiaccia. Tossisco per riprendere quel poco d'aria che provo ad afferrare e mi irrigidisco ancor di più quando prova a trascinarmi fuori dalla porta ancora inginocchiata su di me.
È solo un sogno, mi ripeto, la mamma è solo triste e ha bisogno di affetto.
<<Mamma>>
<<Zitta!>>
<<Mamma>> ripeto con tono dolce, e finalmente mi scolta <<Ti voglio bene.>>
Si ferma per riaprire gli occhi.
Ho detto qualcosa di sbagliato?
<<Ti voglio tanto... tanto, tanto, tanto bene, mamma>> le dico in segno di una promessa, stringo la sua mano che è già sul mio petto e l'accarezzo per distrarla dalla sua ira, dal suo pianto malinconico. <<Starai bene per me>> le dico speranzosa credendoci fortemente. Lei capirà. Anche se queste sciocchezze le ricorderemo entrambe.
Io sono la sua speranza, che abbraccia forte dopo ogni dolore. Le sue braccia mi stringono con vigore da spezzarmi il respiro e mi abbandono sul suo petto dove ho la fortuna di ascoltare il suo cuore, che ha ricominciato a battere di bene.*
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Amami Per Sempre Capitano || Vol.1
Romance•COMPLETA• /in continua revisione/ Atterrati dalla guerra, senza alcuna via di fuga. Lei porta grigiore nella vita degli uomini, di soldati che si inginocchiano innanzi alla morte, con le mani sul cuore. Vuol fuggire quell'uomo, che cerca disperato...