7. Chiedi a Ector.

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Jamie:

Jillian Smith, è capace di farmi arrabbiare più di qualsiasi altra persona, abbia mai conosciuto nella mia vita.
Non sono ricco come lei e non lo sarò mai, ma farmi sentire come se contassi meno di zero, questo non lo accetto.

I nostri genitori non hanno mai smesso di fare battutine su di noi, perché né io e né lei, abbiamo mai portato a casa nostra qualcuno da fargli conoscere.
Quindi hanno sempre pensato che prima o poi, tra noi, potesse nascere qualcosa.

Ma ieri Jillian mi ha fatto capire che la sola idea, a quanto pare non le va proprio a genio, a giudicare da come ha reagito.
Forse, addirittura, le da fastidio anche solo il fatto che loro possano pensare una cosa del genere.

A destarmi dai miei pensieri è proprio lei: seduta di spalle sulla sua sedia girevole, con il cellulare in mano.
È così concentrata su quello che sta facendo da non avermi sentito arrivare.

Sto per aprire bocca e salutarla, ma la vibrazione del mio cellulare nella tasca dei pantaloni, mi blocca. Non appena vedo il messaggio, capisco che il motivo per il quale è così attenta a guardare quel telefono, sono proprio io.

-Non vieni oggi? La tua amica ti ha trattenuto lì?

Mi appoggio allo stipite della porta e trattengo un sorrisetto.
È un tantino gelosa?

-Buongiorno. No. Non vengo. Sono ancora a letto. Con lei.
È stata una notte molto movimentata.

Invio la risposta e alzo lo sguardo verso di lei che adesso si sta agitando sulla sedia.
«Una notte movimentata», borbotta, infastidita.

-Bene. Sono contenta per te.
Allora ci vediamo domani. Ciao!

Sbuffa e batte freneticamente un piede per terra, mentre io invece sto cercando di trattenere a stento una risata.
Perché è così arrabbiata?
Le da forse fastidio che io vada a letto con qualcuna?

Bene. Voglio provocarla ancora.
Dopo essermi accertato che Carly non stia arrivando, rispondo.

-Sai che il sesso di prima mattina, è davvero rigenerante?
Vado a fare il secondo round.

Legge quello che le ho scritto e balza in piedi come una furia.
«Pure? Addirittura il secondo round?» Grida e si gira dalla mia parte fissando lo schermo del suo telefono con occhi sgranati.

Rimetto il mio dentro la tasca e poi incrocio le braccia al petto. La guardo e stampo sul mio viso un'espressione seria.

«Avrei voluto anche il terzo», commento a voce alta. «Qualcosa in contrario, forse?»

Jillian solleva i suoi occhi azzurri nei miei, schiude le labbra e il cellulare le scivola di mano, diventando tutta rossa.

«Buongiorno», dico inarcando un sopracciglio. «Sembri un po'... Sconvolta. Qualcosa non va?»
Inclino la testa e lei apre e chiude la bocca in continuazione, finché dopo qualche secondo riesce a riprendersi.

«T-t-tu che ci fai qui?»

«La stessa cosa che ci fai tu», replico, freddo.

Passa una mano sulla sua fronte e poi fa un lungo respiro.
«Pensavo...» smette di parlare, quando mi stacco dalla porta e avanzo verso di lei molto lentamente.
Fissa i suoi occhi nei miei e deglutisce quando poi ci troviamo l'uno di fronte all'altra ed è costretta a sollevare lo sguardo verso il mio per potermi guardare.

«Sembri gelosa, ma sono sicuro che tu non lo sia, giusto?
In fondo... Chi vorrebbe uno come me? Non sia mai...» dico con uno sguardo glaciale, infastidito e nervoso.

Io, tu e uno stage. (Primo libro)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora