18. Ti sono mancato, oggi?

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Jillian:

Non avevo mai pianto davanti a qualcuno. Non mi sono mai fatta vedere neanche dai miei genitori, ma per la prima volta sono scoppiata come una fontana, proprio davanti a Jamie. Tutto perché mi è venuta un'ansia terribile.
La paura di perderlo a volte, è così forte, che non riesco a pensare ad altro, ma poi con quelle parole dolci e rassicuranti, mi ha fatto sentire molto meglio.

È incredibile come riesca sempre a farmi ridere. Mi è mancato tanto anche per questo. Jamie, è capace di farmi tornare il buonumore nel giro due secondi netti.
Stavo praticamente piangendo e ridendo allo stesso tempo.

Abbiamo passato insieme tutto il fine settimana e oggi è di nuovo lunedì, quindi mi trovo in macchina con Robert che come sempre, sta correndo a più non posso tra le strade di New York.
La colpa non è sua, ovviamente.
Sono io che sono sempre estremamente in ritardo.

Il bello è che mi sono svegliata presto, ma poi ho iniziato a fare la doccia, cambiarmi eccetera, e alla fine ho tardato tantissimo.
Invidio i ragazzi che invece sono sempre pronti in cinque minuti.  Per noi donne, tra capelli arruffati e l'eterna indecisione sul modo di vestire, è una lotta continua.
Che strazio.

«Siamo arrivati, signorina», il flusso dei miei pensieri, viene interrotto da Robert.

«Grazie. A più tardi», lo saluto con un sorriso ed esco dall'auto.

«A più tardi», mi dice prima che chiuda lo sportello.

Mi avvio a passo svelto verso l'azienda e controllo l'ora sul mio orologio al polso.
Le otto e cinque.
Apro la grande porta in vetro che mi si presenta davanti e poi corro verso l'ascensore.

«Ehi, signorina. Dove corri?» La voce di mio padre, mi blocca sui miei passi, così spalanco gli occhi pronta a una strigliata e mi giro verso di lui, facendo la mia finta espressione innocente, quella che spero, lo faccia un po' ammorbidire.

«Papinooo», esclamo, facendo un super mega sorriso.

Mio padre mi sta guardando con un sopracciglio sollevato e i suoi grandi occhi azzurri che incutono abbastanza timore.
Io ho preso da lui i miei occhi, solo che non sarei mai capace di guardare qualcuno in questo modo così tagliente, mentre se invece lo fa lui, scappano via tutti.

«Jillian, non ti ho forse detto di arrivare puntuale? Mi è stato riferito che sei sempre in ritardo e non posso dargli torto, visto che ho la prova inconfutabile».

Siamo a due metri di distanza, così decido di avvicinarmi sempre con quel sorriso.
«Sì, lo so. Ma tu mi vuoi un bene, ma un bene così immenso, che mi perdonerai all'istante», alzo le sopracciglia su e giù, nel tentativo di farlo ridere, ma ovviamente è tutto tempo sprecato, anzi, incrocia le braccia al petto e mi guarda ancora peggio.

È vestito in modo elegantissimo, con un completo scuro e camicia bianca.
Essendo il proprietario di questa imponente struttura, e di altre due, situate a Miami e Los Angeles, mio padre è sempre di un'eleganza unica e rara.
Oltre queste due aziende, possiede metà dei negozi di New York, ed è per questo che la mia famiglia è una delle più ricche di questa città.

«Cerca di arrivare puntuale. Alle otto, Jillian. Non un minuto di più. E comunque...» fa un lungo respiro e mi studia attentamente con lo sguardo, quando mi fermo di fronte a lui.
«Perché a me e la mamma non ci hai detto che ora tu e Jamie state insieme?» Abbassa il tono di voce in modo da non farsi sentire.
Il mio viso diventa viola in un istante.

Che imbarazzo.

In realtà, ancora non so neanche io se stiamo insieme, ma devo ricordarmi che lui l'ha saputo tramite le voci che circolano. Per tutti, in effetti, Jamie è il mio ragazzo, ma sinceramente non ne ho la minima idea.

Io, tu e uno stage. (Primo libro)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora