37. Tu mi vuoi solo bene.

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Jamie:

Oggi è venerdì 7 luglio, ma nonostante dovrebbe essere piena estate, fuori diluvia ormai da ieri notte.
Non ha smesso neanche un attimo e con questo tempo, il traffico in città è peggiorato così tanto, che ho perso del tutto la poca pazienza rimasta.

Infatti sono le otto e mezza del mattino e a causa di un incidente tra due camion che si sono scontrati tra loro, ho dovuto fare una coda che non finiva più, prima di riuscire ad arrivare in azienda.

Sbuffo ed esco dall'auto, ma impreco mentalmente quando l'acqua inizia a bagnarmi fin da subito. La pioggia è così fitta che dal cielo sembra stiano cadendo pietre che mi colpiscono in testa in maniera forte e fastidiosa.

«Che cazzo. Proprio ora doveva iniziare anche a grandinare?!»
Esclamo a voce alta, nervoso.
Dopodiché chiudo velocemente gli sportelli e mi avvio verso l'entrata correndo.

Solo quando poi raggiungo la porta a vetri, faccio un respiro di sollievo e la spalanco per poi entrare dentro.

Raggiungo l'ascensore e nel mentre osservo il pavimento in marmo beige sotto di me bagnarsi a ogni passo che faccio.
«Maledizione», borbotto.

Entro dentro e premo il pulsante per salire su, quando poi le porte si chiudono mi appoggio con la schiena contro la parete dietro di me e chiudo per un attimo gli occhi.

Sono stanchissimo, stanotte non ho chiuso occhio e tutto perché Jillian non si è fatta più vedere, né sentire da quando ieri pomeriggio, siamo usciti da lavoro.
Ho provato a salire al suo appartamento verso le nove di sera, ma quando poi ho bussato almeno una decina di volte chiamandola ad alta voce, lei non ha mai risposto.
So che era a casa perché sentivo la televisione accesa, così come so anche che mi ha sentito.

Visto che alla fine ha fatto finta di niente, l'ho chiamata al telefono, ma anche qui nessuna risposta.

Odio quando mi evita in questo modo. Lo sta facendo già da ieri mattina. Dopo l'abbraccio con Carly e il pranzo con Liam, non mi ha più rivolto la parola e quando le ho chiesto di tornare in macchina con me, ha risposto dicendo che il suo autista stava per arrivare ed era tardi per avvisarlo.
Stronzate, ovviamente.

Non so perché è arrabbiata con me, ma ho intenzione di scoprirlo.

Le porte che si aprono davanti a me, mi fanno riscuotere dai miei pensieri. Non perdo tempo e cammino velocemente verso il nostro ufficio. Trovo la porta chiusa e senza neanche bussare, la spalanco direttamente.

Dentro ci sono Jillian e Carly, la prima seduta sulla sua sedia girevole di fronte alla scrivania, la seconda invece in piedi accanto a lei. Stanno facendo qualcosa al computer sicuramente, ma si girano di scatto non appena si accorgono che è entrato qualcuno.

Gli occhi azzurri di Jillian percorrono il mio corpo dal basso verso l'alto, osservando le mie scarpe bianche, i jeans neri che indosso e la maglietta bianca a maniche corte. Infine si sofferma sui miei occhi e per qualche istante mi sembra che il suo sguardo diventi triste, poi però distoglie l'attenzione dal sottoscritto e non mi degna neppure di un saluto.
Semplicemente si gira di nuovo per continuare ciò che stava facendo, come se io non esistessi.

Stringo il pugno lungo i fianchi e il nervosismo che provavo fino a poco fa, si amplifica così tanto da farmi battere il cuore più veloce.
Non si è mai comportata in questo modo, in genere mi affronta, ma stavolta sembra non voglia avere più a che fare con me.

Carly invece è rimasta interdetta a guardarmi con gli occhi spalancati. La mia maglietta bianca come si è bagnata, ha aderito così tanto al mio corpo da far notare in modo ancora più evidente, tutti i muscoli che ho e quindi mi sta fissando come se volesse saltarmi addosso.

Io, tu e uno stage. (Primo libro)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora