48. Auguri di buon compleanno.

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Jillian:

«Le emorroidi? Come cazzo ti è saltato in mente?»

Mio padre, ha appena chiuso la porta dell'ufficio, del tutto ignaro che io abbia detto una grossa ed enorme bugia. Jamie ovviamente, ne ha subito approfittato per chiudere la porta e guardarmi malissimo.

«Sono andata spesso a mangiare da loro, mi hanno sempre chiesto di te e come mai non stessi venendo e io gli ho detto che stavi male perché avevi le...» Divento rossa per l'imbarazzo e mi stringo nelle spalle. «Avevi le emorroidi e non riuscivi a sederti».

«Avresti potuto dirgli che avevo la febbre o qualsiasi altra cosa, non le emorroidi!» Alza la voce, infastidito.

«È la prima cosa che mi è venuta in mente! Non sanno niente di noi. E non ero pronta a dirglielo, così ho mentito».
Non è facile dire alla mia famiglia che tra noi è finito ogni sorta di rapporto, se io stessa stento ancora a crederci. Sì, magari avrei potuto dire qualsiasi altra cosa, ma l'hanno chiesto in un momento in cui ero triste e nervosa per la fine della nostra storia, quindi ho dovuto inventare qualcosa che fosse convincente.

Jamie respira forte e passa la mano tra i capelli come ogni volta che è nervoso. «Anche i miei non sanno niente», mormora serio e più calmo.

Non sono sorpresa, in fondo lo sospettavo, altrimenti mi avrebbero chiamato o si sarebbero fatti sentire per sapere cosa era successo.
«Lo immaginavo. Ma dovremo dirglielo. Non mi aspettavo che mio padre sarebbe venuto».

«Neanche io», sorride, sembra a disagio. «Pensavo che fosse venuto per licenziarmi o prendermi a pugni».

Sorrido anche io e cerco di scherzarci su. «Penso avrebbe dovuto farlo. Te lo saresti meritato. Hai spezzato il cuore alla sua unica figlia».

Lo dico in tono allegro, come se fosse tutto passato. Non è così, neanche un po', ma ho promesso a me stessa di iniziare una nuova vita e provare a dimenticare il passato.
A dimenticare lui...
Questa però, è la parte più difficile.

È davvero strano parlare di nuovo con Jamie dopo un mese e mezzo, soprattutto vedere il suo sorriso e sentire sulle mie labbra, il mio.
Sembra passata una vita da quando non succedeva.

Lui diventa di nuovo serio e chiude gli occhi, la mia ultima frase forse non se l'aspettava, mi è uscita spontanea, però è vero. L'ha fatto. Mi ha spezzato il cuore e anche se ogni giorno lotto contro me stessa per andare avanti, è giusto che lo sappia.

«Mi dispiace».

Apre gli occhi e si avvicina di un passo verso di me.
Il suo profumo familiare avvolge le mie narici e per un secondo, cedo alla tentazione e mi lascio andare; i miei polmoni lo ispirano appieno: sa di casa, di amore, sa di lui.

Il mio cuore inizia ad andare più veloce e io mi rendo subito conto che non posso permettere che succeda, così mi allontano e faccio un passo indietro.
Se gli sto lontana, ho l'impressione di avere tutto sotto controllo, mentre se è troppo vicino, annebbia ogni mio pensiero e mi rende debole: il mio corpo risponde senza che io possa controllarlo.

Appena mi allontano, il suo profumo è meno intenso e il mio cuore riesce a calmarsi.
Jamie mi sta guardando in silenzio, senza dire nulla. Immobile e triste. Lo è anche lui. Lo leggo dai suoi occhi, non sono più allegri come un tempo.

«Continui a farlo ogni giorno», dico chiara e coincisa. «Quando non mi guardi, non mi parli, quando fai finta che io non esista, tu mi spezzi il cuore, Jamie».

Pronuncio il suo nome e anche questo è strano. Per un mese e mezzo ho provato a non dirlo più neanche nella mia mente. Lo chiamavo: "il mio collega", "il mio vicino di casa", come se così facendo, lo rendesse meno importante.

Io, tu e uno stage. (Primo libro)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora