33. It's New York baby, always jacked up

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"Ho quella disperata sensazione che niente abbia senso. Allora decido di innamorarmi, ma è troppo difficile. Voglio dire, pensi costantemente a una persona ed è soltanto fantasia, non è reale, e poi diventa una cosa così coinvolgente, devi vederla di continuo e va a finire che è un lavoro come un altro."

Era la città delle luci accecanti, la città che non dormiva mai, la giungla di cemento che cresceva generazioni piene di fiducia nel futuro, dove i sogni di chi vi giungeva sembravano una grande mela tutta da mordere

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Era la città delle luci accecanti, la città che non dormiva mai, la giungla di cemento che cresceva generazioni piene di fiducia nel futuro, dove i sogni di chi vi giungeva sembravano una grande mela tutta da mordere.
I ferventi preparativi per il capodanno del 2015 la rendevano ancora più esuberante, caotica e scoppiettante che mai, le illuminazioni natalizie scintillavano incessabili in quelle notti in cui non calava mai il buio. Quelle notti che non chiudevano mai occhio.

New York, alta e pietrosa, era una città con il volto di donna di vetro e d'acciaio, con una sua personalità ben definita, ma volubile, lunatica e imprevedibile: era facile perdere la testa per lei, come per una maliarda seduttrice che mostrava solo la parte più attraente di sé.

Esattamente all'opposto di quel paesino sperduto e ben poco affascinante, ma sincero e familiare in cui erano cresciuti Harry ed Estelle.
Ci pensava ancora, Harry, a quei giorni passati lì, appena trascorsi, ma che sembravano già lontani nel tempo, come se avesse vissuto per un qualche giorno in una dimensione parallela, lontana anni luce dalla realtà che gli apparteneva.

Ci pensava mentre reggeva in mano un caffè lungo, e nell'altra un pacchetto di noccioline caramellate, attraversando Central Park assieme ad uno dei suoi amici più fidati.
Forse non solo a Holmes Chapel, ma in tutto quel tempo che avevano passato insieme, lui e lei si erano fatti accarezzare da un'illusione di vita immaginaria che non gli apparteneva, che era solamente una fuga dalla loro realtà.

I suoi impegni dopo la fine dell'anno si sarebbero fatti sempre più fitti e lo avrebbero assorbito quasi completamente, fino alla sua partenza.
La sua vita era scandita da una quantità spropositata di incombenze improrogabili che non gli permettevano di avere una vera vita privata, e non era nemmeno sicuro di averla mai voluta, prima d'ora.

E lei non era certamente la tipa che avrebbe rinunciato alla propria vita e ai propri obiettivi per lui, e neanche lui glielo avrebbe mai permesso, perchè quella era una delle cose che più amava di lei: la sua indipendenza.
Una morsa gli attraversò lo stomaco, ma incolpò mentalmente quello strano connubio alimentare che era riuscito persino a chiamare colazione.

Jeffrey gli camminava al fianco, tenendo le mani in tasca e il volto basso, intirizzito dal freddo, cercando di affondare il viso quanto più possibile nella sciarpa di cachemire.
Ed Harry intanto camminava a passo svelto, con le lunghe gambe fasciate in un paio di jeans skinny: aveva parlato a malapena, durante tutto il tragitto, e non era una cosa normale.

Manteneva una costante espressione accigliata con la fronte corrugata in una smorfia, che poteva apparire come un ghigno contro il gelo polare in cui era avvolta la città in quel periodo dell'anno, ma che in realtà lui assumeva quando era particolarmente immerso nei suoi pensieri.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora