53. Won't stop til it's over

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C'erano cose che avrei voluto dirgli, ma sapevo che gli avrebbero fatto male. Così le seppellii e lasciai che facessero male a me.

*Io ero una ragazzina con lo sguardo sveglio e una cascata di lentiggini sul naso

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Io ero una ragazzina con lo sguardo sveglio e una cascata di lentiggini sul naso. Chissà che fine hanno fatto, quelle lentiggini. Probabilmente, la stessa fine della mia adolescenza annacquata, della mia innocenza perduta qua e lá, spicchio dopo spicchio, del mio guardare all'incanto come se potessi raggiungerlo e pizzicarlo con le dita.
Il tempo che mi scivolava sulla pelle come oro liquefatto e io che nemmeno lo avvertivo.

E tu, tu eri un ragazzino con la zazzera castana e un sorriso enorme a costellare un viso sbarbato, candido e un po' arrossato dal freddo, la pelle delicata un po' sottile, il ciuffo perennemente davanti agli occhi che scostavi con la mano e trascinavi lateralmente sulla fronte, in continuazione. Era il tuo marchio di fabbrica, quel gesto.
Io ti osservavo le mani e il primo brivido mi carezzava dentro, nei morbidi anfratti di me stessa che non sapevo nemmeno di possedere.
Il sorriso divertito e giovanile di chi se ne frega del futuro. Di chi ha già vinto tutto, senza ancora aver vinto niente.

E forse lo sapevi, quello che c'era nel tuo avvenire. Forse già te lo sentivi, che eri destinato a qualcosa di grande come la stella maggiore, attorno alla quale gravita tutto il resto.
Perché il mondo si divide tra chi è un centro gravitazionale, e chi è uno di quei corpi celesti che gravitano attorno ad essi.

E non sei certo nato per gravitare attorno a qualcuno, tu: sei chiaramente un centro di gravità, ti si legge in faccia, quando prendi la parola e il resto della gente si ammutolisce anche di fronte alla scemenza più grossa che spari.

Ma una cosa, una cosa non potevi aspettartela, quando ti vedevo a scuola mentre bisbigliavi con i tuoi amici battutine sulla gonna troppo corta della mia amica decisamente più alta e più sviluppata di me.
Non lo avresti mai immaginato, che nel tuo futuro ci sarei stata io.

Devo ammetterlo, boy.
Le ragazze pendevano dalle tue labbra, mentre adesso ti si buttano ai piedi adoranti: non è cambiato poi molto, e tu hai sempre la stessa faccia da impenitente che non imparerà mai la lezione. Non hai mai perso un treno, li hai sempre presi tutti al volo, tu.

E sembrava che ti innamorassi, in continuazione, almeno una volta al mese. Io ti incrociavo nei bagni, per caso, con le braccia appoggiate contro il muro e lo sguardo puntato sulla biondina di turno. Che era sempre una diversa, che non ero mai io.

Eppure c'ero anche io, mi vedevi?

Non importa.
Scommetto che ora mi vedi.
Perché lo vedo, come mi guardi, non sono mica cieca.
E considerando che hai ancora la mia bandana, comincio ad illudermi che mi vedessi anche allora.

Qualcuno mi piazza le mani sui fianchi da dietro, e prima di pensare a qualche sporco maniaco, riconosco il modo in cui eserciti pressione sul mio corpo e distinguo le incanalature delle tue dita come se le potessi scolpirle all'impronta, a memoria, se non fosse che erigerti una statua non farebbe che aumentare il tuo già evidente narcisismo impunito e la tua vanità fuori controllo.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora