57. Every little lie gives me butterflies

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Noi ci tocchiamo.
Con che cosa?
Con dei battiti d'ali.
Con le stesse lontananze
Ci tocchiamo.

Con le stesse lontananzeCi tocchiamo

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Aprile 2016

«Sai una cosa? Non so se dovrei dirtela, ma a questo punto non mi interessa. Mi sono portato una ragazza a casa, prima. Perché ti assomigliava, cioè, aveva i capelli come i tuoi. Ma che cazzo dico..
Nessuna ha i capelli come i tuoi. Nessuna è paragonabile a te. È per questo che l'ho mandata via senza nemmeno sfiorarla. Capisci? L'ho mandata via, sono stato scortese. Aveva l'unica colpa di non essere te, mi infastidiva il suo non essere te. Penso di stare impazzendo.»

Il suono della segreteria telefonica del suo cellulare risuonò nella stanza come in una cassa vuota e l'avvertì che il messaggio vocale era terminato.
Si saturò i polmoni e poi espirò fuori l'aria come se volesse gettare via anche tutti i macigni congelati dal suo risentimento.

Harry aveva provato a chiamarla durante la notte e lei ringraziò il cielo di aver spento il cellulare, perché per quanto lui potesse essere fuori di sé, lei non sarebbe riuscita a tollerare l'idea che stesse davvero cercando di andare avanti. E che lo stesse facendo in quel modo, tra le braccia di una sconosciuta a caso.

Sembrava realmente tormentato eppure si chiedeva quale dannato bisogno avesse di renderla partecipe della sua vita sentimentale.
Gettò il telefono il più lontano possibile e cercò di trovare un senso a quelle parole che fosse diverso da quello evidente, mentre stancamente usciva dal letto cercando a tentoni qualche motivo valido per alzarsi.

Barcheggiava tra la rabbia e la tristezza che l'assalivano a cavalloni, ma era più che determinata ad ignorarlo e ad andare avanti, almeno all'apparenza.
Si infilò una maglietta stropicciata a maniche corte, perché era ancora in reggiseno, nonostante il sole fosse già alto nel cielo.
Era straordinariamente caldo, per essere primavera e per essere in Gran Bretagna, e l'aria ribolliva di piccole scosse degli echi vitali della bella stagione in arrivo.

«Era lui, vero?» La voce femminile la raggiunse delicata da dietro le sue spalle, ed Estelle si limitò a rispondere con un silenzioso assenso.
«Si capisce dal tuo sguardo, che era lui.»

Nascose il volto a sua madre e si asciugò quell'unica lacrima solitaria che cercava dimora tra le sue labbra, prima di ingoiarla intera, perché a volte aveva l'impressione che se nessuno avesse visto le sue lacrime, era come se non fossero mai
esistite.

Per lei ed Harry il tempo era sempre stato il veleno, e anche l'antidoto, e il volo instancabile dell'uccello del paradiso che non poteva toccare il suolo terrestre nella sua testa diventava anche il simbolo della forza interiore e dell'anima contemplativa, che sceglieva di tenersi al di sopra delle passioni terrene, in un distacco dal mondo che potesse essere catartico.
Peccato che lei non fosse affatto distaccata, e quel tatuaggio le appariva sempre più come una falsità insopportabile ai suoi occhi antichi, dopo che avevano amato il fuoco.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora