1. Now you're just somebody that I used to know

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"Ci sono storie, diceva, che quando le racconti si consumano. Sono quelle in cui il pathos si appanna, e ogni versione suona più sciocca e vuota della precedente.
Altre storie, invece, consumano te. Più le racconti, più acquisiscono forza. Quel tipo di storie non fa che ricordarti quanto sei stato stupido. Quanto lo sei ancora. E quanto lo sarai ancora."

22 giugno 2018 ore 4.54
H: Liberami la testa dal tuo viso.


24 dicembre 2018 ore 2.30

La pioggia aveva cominciato a scendere lentamente durante la sera, fuori dell'ampia vetrata di quella camera solitaria.

Poi era scesa la notte, vestita di tutti i colori scuri di un inverno appena cominciato, ma che sembrava non essere mai del tutto finito, in quel luogo.

Con il passare dei minuti le gocce che battevano contro i vetri avevano aumentato il ritmo, quasi a scandire i battiti del suo cuore, che aumentavano incessanti ad ogni sforzo muscolare del suo corpo in tensione.
Il sottofondo del televisore acceso a basso volume su un canale di televendite di un qualche prodotto inutile aiutava a coprire il rumore assordante dei pensieri, insieme al ritmo serrato del suo respiro corto.

Fino a che non sentiva il cuore palpitarle in gola e nelle orecchie, e il viso diventarle bollente, non si riteneva soddisfatta della sua prestazione.

Si fermó per riprendere fiato solo quando non le mancó completamente il respiro, rilassando completamente il suo corpo spossato dall'allenamento, e si guardó intorno portando al petto le gambe, rannicchiandosi contro il pavimento.

Osservò quella mansarda che le appariva così familiare, come se fosse l'unico posto al mondo dove si sentisse davvero, profondamente al sicuro, e allo stesso tempo così lontana nel tempo, come se fosse appartenuto alla se stessa di un'altra vita. Rivedeva quella che era stata durante gli anni, in quella stessa camera: non c'era niente come tornare in un posto immutato, che restava sempre uguale a se stesso, per rendersi conto di quanto fosse cambiata lei.

Il tempo era volato in fretta inesorabile da quei momenti, e allo stesso tempo le sembrava che fossero passati un milione di anni.

La realtà era che non sopportava più quel posto. Non tollerava più di stare in quella casa, e ci tornava a fatica: non amava più uscire di casa e attraversare quelle strade che conosceva a memoria, viste e riviste per anni che a ripensarci sembravano essere infiniti, e che invece d'improvviso erano finiti senza nessun avvertimento.
Non erano mai più tornati, e sembravano ogni giorno più lontani.

Quella sensazione nostalgica che provava verso quegli anni spensierati e felici pur nella loro semplicità, non le piaceva affatto, le dava l'impressione di smarrire il controllo di se stessa, di lasciarsi andare a stupide ed inutili reminiscenze che si era ormai lasciata alle spalle invece di focalizzarsi sul suo presente, che era ben più importante.

Eppure, si riteneva soddisfatta della sua vita e di quello che aveva costruito fino a quel momento, e i ricordi non avrebbero dovuto turbarla più di tanto.

Portó alla bocca una bottiglietta con dei sali minerali sciolti nell'acqua, e ne bevve un sorso.
Lanció poi un'occhiata al buio pesto fuori della sua finestra e un tremore le attraversò la schiena: Holmes Chapel era veramente un posto di una tristezza disarmante, persino sotto Natale.

Quella sera, a lanciare lo sguardo attraverso le stradine deserte, avvolte da una timida luce lunare offuscata dall'umidità della pioggia, un senso di oppressione e di angoscia la pervadeva fin dentro le ossa.

Sua madre l'aveva praticamente costretta a passare il Natale in famiglia, adottando quella sua solita aria di vittimismo che sfruttava spesso quando voleva raggiungere a tutti i costi un obiettivo che si era prefissata. Utilizzava il potere del senso di colpa di cui tutta la famiglia doveva farsi carico.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora