Introduzione

651 109 135
                                    

Vivere nel ventunesimo secolo non è semplice come tutti vogliono far credere.

Gli adulti, guardando i giovani, vedono solo delle teste senza niente da dire, delle marionette mosse dal volere della massa, persone che non sono all'altezza delle loro aspettative e forse non lo saranno mai.
Noi invece ci ritroviamo a guardare un mondo che va avanti senza includere il nostro pensiero nel proprio progetto di avanzamento.
La nostra generazione non sa come far parte di un sistema che include solo determinate cose, come:
lavoro sottopagato, stipendio di sopravvivenza e contratti di lavoro inammissibili.
Nessuno di noi crescendo avrebbe mai immaginato che il nostro ingresso nel mondo reale, quello che si presenta al compimento dei diciotto anni, sarebbe stato così deludente. Credevamo che raggiunta la soglia della nostra indipendenza, il mondo intero sarebbe stato ai nostri piedi, mentre quello che non avevamo calcolato era il percorso tortuoso che ci aspettava per raggiungere la nostra meta. Ma quale era esattamente? Io non lo sapevo più.

Avevo compiuto ventidue anni ormai da cinque mesi e non riuscivo a capacitarmi di quante cose fossero cambiate nella mia vita rispetto ai miei diciotto anni. Niente era andato come mi aspettavo eppure non era passato così tanto tempo, mi aspettavo qualunque altra cosa, ma non di certo quello.

Non so in quanti diari avevo scritto in precedenza che, al compimento della maggiore età, me ne sarei andata di casa per vivere la vita come volevo io. Giurerei di ricordare anche qualche appunto nel quale immaginavo di poter vivere senza pensare a come potermi mantenere, a dove poter mettere radici...

I pensieri di una ragazzina sognatrice, non ci vedevo nulla di male all'epoca.
Purtroppo, però, nella vita di tutti noi sarebbe arrivato il momento di fare i conti con la realtà e quella nella quale ci trovavamo a vivere non aveva nulla a che fare con le fantasie nelle quali mi perdevo in passato.

Nel nostro presente, erano gli altri a decidere quando sei abbastanza grande per poter fare una determinata cosa.

Non potevamo decidere noi come avrebbe dovuto andare la nostra vita, non potevamo più permetterci di scegliere quando comprare una macchina, quando andare a vivere da soli, quando diventare genitori. E' buffo, perché le ho sempre considerate cose normali, alla portata di tutti e forse mi crederete viziata per questo, ma doveva considerarsi un privilegio avere un lavoro che non bastasse solo a sopravvivere? Voi mi direte di si, forse, oppure no...

Forse anche voi avete un'età compresa tra i venti e i trent'anni e siete confusi quanto lo ero io in quel preciso momento della mia vita.
Forse proprio come me, non sapete quando avrete l'opportunità di essere finalmente chi volete essere e di dimostrare quanto valete.

Anche a voi è capitato di rendervi conto senza volerlo che, in realtà il destino non ce lo creiamo da soli, come ci hanno sempre voluto far credere?

Nessuno mai ci avrebbe offerto un lavoro che avrebbe potuto permetterci di mantenere un bambino.
Era la società nella quale viviamo che avrebbe deciso quando avremmo potuto iniziare a mettere le basi per la vita che avremmo voluto intraprendere.

Ho ventitré anni, mi sono laureata quest'anno e sono stufa di una vita che non mi soddisfa. Ho faticato molto per decidere di continuare a studiare, volevo lavorare, ma sapevo anche che se non avessi continuato forse il mio impegno non sarebbe bastato un giorno.
Ho deciso di inviare dei curriculum in giro per l'Europa quando ho ricevuto una mail con i complimenti vivissimi da parte del rettore, per il mio centodieci e lode in giornalismo.
Quando i miei genitori mi hanno chiesto per quale motivo avessi deciso di non cercare lavoro in Italia, risposi semplicemente che amavo il mio paese, ma che purtroppo quell'amore non era corrisposto.

Avevo davvero bisogno di allontanarmi da una realtà che, alle volte, mi soffocava.

Amavo l'Italia ma, a malincuore, non potevo dire di vedere un futuro in un posto così.

Uno dei paesi più belli che avessi mai visto nella mia vita! Nessun altro posto era paragonabile, ma non bastava la bellezza per vivere da qualche parte e decidere di sentirsi al sicuro lì.
Non volevo essere risucchiata dal vortice di tristezza che mi avrebbe travolto se fossi rimasta. Volevo trovare me stessa.
Sicuramente sarà capitato a più persone di quante avrei mai potuto immaginare, di perdersi e di non sapere come ritrovarsi.

Guardando fuori dal finestrino dell'aereo, il mio cervello ancora non riusciva a realizzare quello che stavo facendo.
Iniziai a scorgere  del verde sotto di me.
Green paradise.
Il comandante annunciò venti minuti rimanenti all'atterraggio riscuotendomi dai miei pensieri.
Stavo per atterrare in una città che non avevo mai dimenticato e che sentivo mia dal primo viaggio che mi portò lì, all'età di quattordici anni.
Mentre iniziavano le manovre, mi rendevo sempre più conto di quello che stavo davvero facendo.

Stavo letteralmente prendendo in mano la mia vita. Chissà cosa ne avrei fatto.


----

Ciao =)

Fatemi sapere che cosa ne pensate. Scriverò senza darmi delle regole.

Non è detto che alla fine di ogni capitolo io ritagli uno spazio dedicato a me.

Parlerò fuori dal libro solo quando ne sentirò il bisogno.

Spero che la mia storia possa aiutare qualcuno a staccare un po' la spina.

Per me scrivere rappresenta proprio questo.

You don't need a title for this.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora