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Erano passate due settimane da quando avevo ritirato i miei bagagli all'aeroporto di Heatrhow ed ero uscita in strada alla disperata ricerca di un taxi che mi avrebbe scortata fino al mio nuovo appartamento.
Fortunatamente l'agenzia/casa editrice che mi aveva ricontattata per offrirmi un lavoro, mi aveva offerto anche uno stipendio piuttosto buono che mi aveva permesso di trovare un bilocale molto carino in periferia, ad un costo mensile piuttosto vantaggioso.

La zona che avevo scelto era Shepherd's Bush, molto tranquilla, stando a quanto si diceva e non avrei potuto chiedere di meglio.
Il quartiere mi piaceva molto, si trovava nella zona di West London e vantava di meravigliose aree verdi nelle quali poter passeggiare, studiare, o semplicemente dove potersi fermare per riflettere un po'.

Raggiunto il mio nuovo indirizzo, il tassista si offrì gentilmente di aiutarmi a trasportare tutte le mie valige fino al primo piano davanti alla porta di quella che sarebbe divenuta la mia nuova casa.
Inutile dire che gli avevo lasciato un'ottima recensione sulla bacheca degli annunci nella quale lo avevo rintracciato.

Sistemare tutti i miei bagagli non era stato affatto semplice. Mi stavo trasferendo, non ero in vacanza, per questo motivo avevo portato con me praticamente tutto e molte cose sarebbero dovute arrivare nelle settimane seguenti.
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Camminavo e pensavo, il mio cervello non smetteva di elaborare nuove immagini e nuove emozioni da quattordici giorni a quella parte.
Vedere le persone muoversi così freneticamente, tutti molto seri, ma nessuno sembrava davvero triste o insoddisfatto, ogni cosa sembrava essere al proprio posto.

I ragazzi che vedevo in giro sembravano felici, si muovevano in gruppo... ridevano e scherzavano insieme. Per un momento ho addirittura pensato di essermi trasferita in un mondo parallelo.
In Italia le persone non sono così.

Fin da piccola mi sono persa nell'arte dell'osservazione, guardavo coloro che si presentavano davanti a miei occhi e mi interrogavo su cosa facessero nella loro vita.
Osservare i miei coetanei automaticamente portava il mio cervello a chiedersi se anche loro fossero confusi quanto me.
Avrei sempre voluto poter leggere nel pensiero degli altri per capire.

Uscii dal mio appartamento quel giorno ed aggirandomi per le vie del centro mi concentrai sulla mia nuova vita, osservandola prendere magicamente forma.
Mi fermai in un piccolo market per fare un po' di spesa, dato che il mio frigo era vuoto da quando ero arrivata...

Mancava davvero poco al mio primo giorno di lavoro ed ero emozionata. I miei genitori mi avevano detto di non preoccuparmi, che mi avrebbero aiutata se avessi avuto dei problemi, ma volevo gravare il meno possibile sulle loro spalle.

Una casa editrice di medio calibro stava cercando una giovane donna, da inserire nell'organico delle pubbliche relazioni, così chiamai e riuscii ad avere un colloquio in videoconferenza nell'arco di pochi giorni.
La donna che esaminò il mio curriculum e me medesima, si aggirava sulla quarantina, molto bella e all'apparenza gentile.

Le domande che ricevetti non riguardavano la mia vita lavorativa o scolastica, per lo più vertevano sulla mia ambizione e sui progetti per il futuro.
Avrei voluto essere più chiara nell'esprimere quello che avrei voluto dalla "me del futuro"
ma come potevo? La prospettiva di vita che fino a quel momento mi era stata offerta era un continuo altalenare tra indecisioni ed insicurezze.

Non credevo di aver fatto una buona impressione fin quando non ricevetti una mail dove mi veniva spiegato quale sarebbe stato il mio ruolo all'interno della loro organizzazione.
Avrei iniziato il 15 settembre, con orario da concordare e vista la mia giovane età mi era stata assegnata la gestione di piccoli articoli di gossip su un giornale del quartiere con possibilità di organizzare eventi una volta presa confidenza con il mestiere.

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