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Non era riuscito a prevederlo.
Non era riuscito a calmarlo.
Batté la nuca a terra, un capogiro lo colse prima di ritrovarsi con le mani al collo del corvino.
Un'unica domanda: Perché?.
Eppure gli aveva detto che non aveva mentito.
Eppure si erano detti di amarsi.
Rimase immobile mentre la presa diventava sempre più serrata, l'aria iniziò a mancare nei polmoni e li sentiva bruciare, la testa vorticava.
Le braccia erano aperte sul pavimento, non voleva reagire.
Stava lottando interiormente con se stesso per non dar sfogo alla sete di sangue che lo aveva divorato per tutto quel mese.
Teneva solo gli occhi nei cristalli, ma la vista si fece sempre più annebbiata.
Avrebbe preferito di gran lunga un proiettile o una lama dritta al cuore.
Che quella fosse la punizione per tutti i suoi peccati?
Che essere ucciso dalla persona amata era quello che si meritava?
Dalla confusione passò alla rassegnazione.
Poi tutto cessò.
Tossì un paio di volte ed iniziò a prendere grandi boccate d'aria.
Le parole del moro furono peggio del gesto che l'altro aveva inconsapevolmente fatto.
Lo strinse a sé, nonostante la poca energia dovuta alla mancanza di ossigeno, lo strinse a sé.
<<Non ho continuato a vivere stringendo una coperta con il tuo profumo, per poi ucciderti e non averti più con me. Sei più forte di me. Fisicamente e mentalmente. Ti serve solo tempo. Fammi quello che vuoi, ma non me ne andrò.>>
Scostò appena il ragazzo da sé, prendendogli il viso tra le mani e posandogli un delicato bacio sulle labbra.
Gli regalò un dolce sorriso con le gote arrossate.
<<Portiamo la flebo in camera e stendiamoci sul letto, insieme. Per questa volta ti concedo di usarmi come cuscino.>> propose accarezzandogli il viso senza smettere di stendere le labbra.


Quel singolo bacio gli provocò un altro terremoto, lo stava per uccidere senza nemmeno riconoscerlo, gli chiedeva di porre fine alla sua vita e lui... lo baciava? Riscoprì la tenerezza di quel gesto, anche se ci mancava qualcosa, era incompleto in un certo senso, come quando ti dimentichi di mettere un'aroma importante nelle torte.
Forse del biondo poteva fidarsi, forse non gli voleva fare del male, forse quell'inferno era davvero finito, ma non voleva crederci, aveva paura di star sognando e che, da un momento all'altro, lo avrebbero svegliato bruscamente.
Doveva solo riabituarsi all'idea di essere al sicuro, di essere a casa sua, con qualcuno che si sarebbe preso cura di lui.
<<Va bene.>> disse rassegnato al volere dell'altro, spostandosi di lato per far alzare l'altro.
Lo seguì fino in camera e si sedette sul letto combattendo contro il suo istinto e lasciando che la sua pelle venisse di nuovo forata. Attese che l'altro si distendesse per strisciare incerto vicino a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Annusò più intensamente il profumo che veniva dal suo collo, lo ricordava vagamente, ma sapeva che gli sarebbe piaciuto.
Essere cullato dall'altro era una sensazione strana, ma piacevole, cercò di reagire alla stanchezza e non chiudere occhio, sicuro che l'avrebbero accolto gli incubi.
Prese una mano del biondo, vi pose un bacio e la strinse al petto, sperando che funzionasse da acchiappasogni, non impiegò molto a sprofondare nel sonno.


Sapeva che Touya era nascosto lì, da qualche parte.
Doveva solo trovare il modo per tirarlo fuori.
Sicuramente aveva pazienza da vendere, lo avrebbe aspettato anche in eterno, ma sapeva che sarebbe tornato da lui.
Il ragazzo sulla quale stava passando delicatamente la mano sul braccio, gli assomigliava solo fisicamente.
Tuttavia lui non voleva abbandonarsi al sonno.
Era tormentato dagli incubi.
Vedeva sempre se stesso che uccideva chiunque, anche il corvino.
Si macchiava le mani anche del suo sangue.
Probabilmente quel periodo lo aveva talmente annebbiato, che ritornare a svolgere normalmente il suo infido lavoro sarebbe stato difficile.
Avere accanto il moro gli dava forza.
Rivoleva la loro felicità, assaporata in pochi giorni, ma che bastava per desiderarla ancora.
Lentamente smise di coccolare il moro, le palpebre si fecero pesanti e la mente si spense.
Come un film rivedeva ogni morte, ogni viso che gli diceva che non meritava di sorridere.
Tutte le persone brutalmente uccise senza motivo.
Anche quei due gemelli che non centravano nulla con la madre. Quella donna era stata pessima, sfornava figli e li vendeva al mercato nero. Quei due bambini non meritavano di essere uccisi, eppure lui aveva messo fine al loro battito senza riflettere.
Sentì il moro muoversi accanto a lui, ma la stanchezza accumulata non gli permise di aprire gli occhi per controllarlo.
Riuscì solo a biascicare un piccolo <<Ti amo.>>, sperando che quello lo aiutasse a liberarsi dalle catene che lo imprigionavano.
Si svegliò di soprassalto, madido di sudore. Le mani addosso, la risata dell'azzurrino mentre affondava secco in lui...
Quegli occhi rossi continuavano a perseguitarlo.
Delicatamente si sfilò dal corvino, fortunatamente riposava ancora, nonostante il viso distorto a causa di chissà che sogno e si alzò.
In bagno trovò gli antidepressivi che aveva iniziato a prendere da qualche settimana. Quelli lo aiutavano a dormire. Non fece in tempo ad aprire il flacone che il riflesso nello specchio lo distrasse:  Tomura era accanto a lui, entrambi coperti di sangue. L'azzurrino stava allungando una mano verso di lui e vide i segni sul collo del gesto del moro. Si appoggiò alla parete, scivolando fino a sedersi in terra con un rumore sordo, il respiro affannoso, le mani tremanti tra i capelli e le dita strette fino a strapparsi le ciocche.
Non era solo Touya a doversi riprendere: era già impazzito.

The 21 chimes of New Year's Eve ( DabiHawks )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora