52. L'inizio di un'altra avventura

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Tornai a vivere a casa la sera stessa, dopo essere uscita dall'ospedale. E devo essere sincera, mi era mancata.

Nei sei mesi e passa che avevo passato nell'appartamento, raramente mi ero resa conto di quanto mi fossi abituata.

Non solo ai ragazzi, che comunque ormai erano la mia famiglia, ma anche alle piccole cose, di cui avevo sentito l'assenza.

Come il piattino in ceramica posto affianco alla porta come svuota tasche, sempre pieno di chiavi, bottoni persi qua e scontrini dimenticati.

Mi era mancata perfino la sicurezza di trovare il bagno anche nel cuore della notte, senza dover per forza accendere la luce del corridoio per trovare la strada.

Possono sembrare cose futili, ma in realtà erano il sentore di quanto questa casa fosse per me impregnata di abitudini, di familiarità e si calore.

E non potei non commuoversi quando entrai di nuovo nell'appartamento, con l'intenzione di restare, e scoprii che i ragazzi mi avevano fatto una sorpresa.

Mi stavano aspettando e anche loro avevano sentito la mia mancanza.

Tutto era perciò tornato alla normalità. Non mi era mai successo, nella mia vita sentimentale, di prendermi pause, quindi non avevo alcuna esperienza.

E per qualche strana ragione ero convinta che quando due sii prendono una pausa, poi quando tornano insieme ricominciano tutto dall'inizio.

Invece con Gregor non fu così. Dal momento in cui rientrai definitivamente nella sua vita - anche se in realtà non me ne ero mai andata- riprendemmo tutto da dove lo avevamo lasciato.

Come se non fosse successo. Anche se c'era più consapevolezza da parte di entrambi.

Per me fu un sollievo perché la paura più grande era quella di non riuscire a riprendere la nostra consueta quotidianità.

Il terrore che ciò che era successo in quelle settimane avrebbe potuto creare imbarazzato era tanto. Ma con non era stato.

Il nostro amore era sempre più forte, e la nostra famiglia ancora più unita.

La mattina seguente al mio ritorno a casa, mi svegliai un po' tardi. Non dovevo andare in ufficio e potevo prendermela comoda.

Ad accogliermi in cucina, come mi aspettavo, un Gregor sorridente e bello come sempre.

Mi aveva preparato la colazioni, eravamo solo, e tutto procedeva come in un sogno.

Più o meno, perché la realtà è sempre la realtà.

«Bentornata a casa».

«Credevo mi aveste dato il bentornato ieri sera... Quanto procedono questi festeggiamenti?», finsi di lamentarmi, anche se era palese che ne fossi lusingata.

«Bè, ieri era da parte di Jo ed Emma... Questo è il mio "bentornata" personale ed ufficiale», con un gesto palese indicò tutto ciò che aveva preparato.

Una bella colazione all'americana dove non mancava proprio nulla.

Ed io mi ci tuffai senza ritegno. Complimentandomi con lo chef di tanto in tanto, ottenendo così sorrisi compiaciuti che lo rendevano ancora più bello.

Poi, mentre stavamo mangiando, Gregor fece scivolare sul tavolo, verso di me, un biglietto da visita e lo lasciò sotto i miei occhi.

Sul cartoncino rettangolare c'erano i recapiti di una psicologa. La mia espressione confusa dovette spingere Gregor a fare una precisazione.

«Non credo che tu sia pazza», alzò le mani come a volersi giustificare, sempre però sorridendo: «Lo so che sei forte e mi sembra che tu stia affrontando tutta la questione dell'infertilità con calma e coraggio... Ma non mostrare dolore e delusione non vuol dire non provarne».

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora