Non mi ero affatto dimenticata della proposta di Emma di aiutarla con il progetto di scienze, anzi, solo che diciamo io di scienza non me ne intendo proprio. Ed è un eufemismo.
Ma nonostante non fosse nelle mie corde, ero entusiasta all'idea di fare qualcosa che rientrava praticamente nei lavori madre-figlia. Così caddi dalle nuvole quando Emma mi diede la notizia.
Stavo organizzando l'album del matrimonio che stavo organizzando quando entrò in cucina, accompagnata dal padre.
Capii subito che era portatrice di brutte notizie perché invece di guardarmi negli occhi fissava i suoi piedi e teneva le mani dietro la schiena.
Gregor le stava dietro, quasi a impedirle di fuggire via, e la spingeva con delicatezza verso di me.
«Su, avanti, devi dirglielo», lo sentii sussurrare, premuroso ma allo stesso tempo deciso.
Emma alzò la testa per poterlo guardare dal basso, con occhi supplicanti, mentre affermava: «Non puoi farlo tu?».
«No, sei grande abbastanza. Devi farlo tu».
Mi venne quasi da ridere quando la vidi sbuffare, per niente convinta dalle parole del padre.
«Ragazzi, che sta succedendo?», chiesi, divertita piuttosto che preoccupata. Gregor aggiunse, rivolto a me: «Emma deve parlarti», e poi la spinse ancora un po' verso di me.
Mi alzai dallo sgabello e andai incontro alla bambina, chinandomi per poterla vedere bene in volta, e cercai di mettere a suo agio come meglio potevo: «Puoi dirmi tutto senza problemi, Emma».
Non sapevo cosa la preoccupasse così tanto ma di certo non volevo farle quell'effetto.
Lei mi sorrise di sbieco, ricordandomi immediatamente il padre quando si sforzare di sorridere nonostante avrebbe voluto fare altro.
«Ti dispiace se preparo il progetto di scienze con mia mamma?».
Lo aveva detto senza mezzi termini, quasi tutto d'un fiato. Tolto il dente, via il dolore.
Ed io, bé io non so dirvi con esattezza cosa provai nel sentirmi fare una richiesta del genere. Non me lo aspettavo, forse perché lo aveva dato per scontato, e mi spiazzò al tal punto che rimasi per svariati istanti a fissarla con la bocca aperta.
Però mi ripresi abbastanza in fretta per sorriderle, cercando di essere quanto il più sincera possibile, e dire: «Ma no che non m dispiace, tesoro».
Lo sapete, non sono brava a mentire e a nascondere le mie emozioni ma Emma era troppo piccola per rendersene conto. E nonostante di solito le bugie non pagano, l'espressione sollevata e allegra della bambina mi rincuorò molto.
Prima di andarsene, Emma si voltò ancora a guardare il padre ma questa volta non disse nulla, lo fissò in attesa.
«Ora puoi andare a giocare», le concesse lui, un istante dopo la piccola correva via.
Non riuscii a trattenere un sorriso, nonostante la notizia mi avesse sconvolta non poco.
«Sul serio non ti dispiace?», mi chiese lui, una volta che Emma non era più a portata di orecchie.
Con Gregor era più difficile mentire, perciò prima di tutto mi voltai per evitare che mi guardasse negli occhi mentre dicevo: «Ma certo, Greg, nessun problema».
Riprese il mio posto sullo sgabello e tornai a guardare le mie foto, sperando che intuisse che era meglio smettere di parlarne.
Ma evidentemente Gregor era in vena di comunicazione perché non si accontentò delle mi rassicurazione: «A me puoi dirlo».
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Provaci ancora Alice
ChickLitSequel di I disastri di Alice Sono passati sei mesi e la vita di Alice sembra procedere nella direzione giusta. Finalmente è tutto tornato alla normalità, è tutto come ha sempre desiderato. Un lavoro pieno di soddisfazioni, amici sempre pronti a cor...