29. Le parole feriscono più di una lama

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Quando Gregor mi chiese come era andato l'incontro con Paul, gli dissi la semplice verità.

Chiacchierata interessante ma imbarazzante e gli rivelai che sicuramente ci saremo rivisti. Come amici.

Non notai alcun tipo di cambiamento nella sua espressione o nel suo tono, come la notizia lo lasciasse impassibile.

Dovevo aspettarmelo, in fondo, Gregor non è tipo che si lascia ingannare da stupidi sentimenti come la gelosia.

E una parte di me ne era contenta. Contenta che finalmente avessi al mio fianco un uomo maturo, con la testa sulle spalle e sicuro del nostro amore.

Ma l'altra parte, quella ancora un po' bambina, rimaste delusa. Si aspettava una qualche reazione, anche una semplice smorfia, e invece nulla.

Si potrebbe pensare che non gli importasse nulla, e ciò non era certo positivo.

Ma forse ero io abituata troppo con gli uomini gelosi da non rendermi conto che esistono anche quelli non gelosi.

Me ne dovevo fare una ragione.

Come avrei dovuto imparare ad abituarmi alla frequente prese di Rebecca.

Mi ero quasi illusa che sarebbe stato semplice e invece una sera, di ritorno a casa, me la ritrovai nel nostro salotto.

A terra, davanti ai divani, circondata da una mare di bambole e giocattoli, giocava con la figlia, seduta anche lei a terra.

Gregor sembrava non prestare loro attenzione, seduto al tavolo da pranzo intento a fare qualche conto per il locale, ma io sapevo che non era del tutto così.

Forse non le guardava, ma con un orecchio ascoltava con attenzione.

La scena per qualche istante mi bloccò sul posto. La sensazione di essere intrisa si fece palese, così tanto che fui quasi in procinto di uscire di nuovo e andare da qualche altra parte.

Peccato che fui subito intercettata dall'occhio vigile di Gregor.

«Bentornata», disse con enfasi, come a voler attirare l'attenzione anche delle due a terra.

Si alzò e mi venne incontro e mi baciò davanti alla figlia e alla sue ex.

Non mi sarei dovuta sentire a disagio, non era la prima volta che ci baciavamo in pubblico. Eppure l'idea che Rebecca ci stesse osservando non mi piaceva proprio.

«Io vado in camera, ho del lavoro da finire», annunciai, rivolta a nessuno in particolare.

Compresi che Gregor mi avrebbe voluto lì con lui quando affermò: «Puoi farlo anche qui».

Indicò il tavolo sopra al quale stava lavorando, con un sorriso fiducioso.

Non so se lo avesse detto perché mi voleva al suo fianco o perché si sentiva dispiaciuto per il fatto che io, che abitavo in quella casa, mi sentissi costretta ad andarmene via.

In entrambi i casi, comunque, mi faceva piacere che si preoccupasse per me.

Solo che non avevo voglia di restare. Mi sentivo a disagio e, anche se non potevo vederla, sapevo che la sua ex ci stava osservando. 

Così, con una scusa, mi chiusi in camera e decisi di dedicarmi al mio lavoro per non pensare a quanto mi sentissi triste e frustrata. 

Pensavo di essermela cavata, di aver scampato la compagnia di Rebecca ma, evidentemente non sono fortunata. 

Cinque minuti dopo, infatti, sentii bussare con leggerezza alla porta e, ancor prima che potessi darle il permesso, lei era entrata nella nostra stanza. 

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora