37. Non disturbar il can che dorme

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Gregor.

Jo ed Emma erano convinti che non mi fossi reso conto di nulla. Come se non potessi notare le occhiate furtive che si lanciavano e i sorrisetti maliziosi. 

Ero sempre più convinto che dietro al pic nic del quattro luglio ci fosse ben altro che una semplice scampagnata in famiglia.

Ma li lasciai fare. 

Un po' perché non avevo voglia di costringerli a rivelare cosa stavano facendo, un po' perché avevo la sensazione che fossero abbastanza determinati. 

Perciò li osservavo mentre programmavano cosa portare e cosa mangiare e per un attimo ebbi il timore che Jo volesse preparare il menu. 

Solo in quel momento, temendo per lo stomaco di tutti noi, chiesi cosa avevano in programma, e lui rispose: «Alice si è offerta di portare alcune cose, e naturalmente anche Holly. Insomma non temere non ci...».

Ma lo interruppi subito: «Alice ha confermato la sua presenza?».

Non riuscii a mascherare il mio tono sorpreso e anche eccitato, nonostante negli ultimi giorni mi stessi impegnando molto a tenere nascoste le mie emozioni.

E conoscevo così bene Jo che seppi con esattezza che se ne era accorto, solo che finse di non vederlo.

«Sì, certo, sono andato da lei e mi ha assicurato che ci sarà».

Una parte di me si sentì subito più leggera. Non potevo non negare di essere contento all'idea di rivederla. 

Ma poi compresi che non sarebbe stato affatto facile, dopo quello che era successo.

«Se serve aiuto...», iniziai, sperando di poter tenere occupata la mente in cucina, ma Jo scosse subito la testa e cercò di rassicurarmi: «Assolutamente no, abbiamo tutto sotto controllo».

Decisi di credere alle sue parole. Così rimasi solo con i pensieri. Mentre Vice faceva i bagagli e preparava tutto per il suo viaggio, Randy si divideva tra colloqui di lavoro e serate nei locali e mia figlia e Jo organizzavano il pic nic, io mi sentii completamente inutile. 

Un pomeriggio, mentre osservavo il block-notes sul quale scrivevo pezzi di canzone - senza la minima ispirazione - mi resi conto che non ero più riuscito ad aprirlo da quando Alice se ne era andata. 

Mi mancava. Era visibile a tutti, perfino a quel Randy, che raramente notava l'esistenza di qualcun'altro a parte lui. 

Aveva perfino cercato di tirarmi su il morale convincendomi ad uscire insieme a lui. Sarei scoppiato a ridere per l'assurda proposta se fossi stato in vena. 

Invece avevo reagito come al mio solito. Chiudendomi in me stesso. Una cosa che mi è sempre riuscita bene. 

Il citofono del palazzo suonò e mi distrasse dai miei pensieri. Sapevo già chi fosse, la stavamo aspettando, perciò la feci salire. 

Rimasi ad aspettarla davanti alla porta aperta fino a quando lei non mi vide e sorrise. A quel punto evitai di ricambiare la sua espressione felice - se fosse stato per me non l'avrei neanche vista - mi voltai e rientrai.

Non aspettai neanche che fosse dentro al nostro appartamento e senza neanche salutarla dissi freddamente: «Vado a chiamare Emma».

Non riuscii a fare nemmeno un passo che la sua voce mi bloccò sul posto: «Volevo prima parlare con te».

Dovetti fare un'enorme sforzo per voltarmi a guardare in volto la mia ex. In piedi, davanti alla porta ormai chiusa, sorrideva ancora come se non avesse fatto caso al mio atteggiamento ancora più gelido.

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora