47. Anche la pazienza di Gregor ha dei limiti

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Gregor.

Di solito, prima dell'arrivo dei clienti nel ristorante, e prima di partire per il consueto giro del fiume con la nave, io e i ragazzi della band facevamo un po' di prove. 

Il locale era completamente vuoto, salvo appunto lo staff del ristorante, noi e il proprietario, ed era il momento perfetto per decidere quali canzoni suonare e mettersi d'accordo. 

Ed eravamo proprio sul palco a sistemare le ultime cose, quando John, il proprietario, venne da me e mi disse, a voce alta: «C'è la tua ex qui fuori, ti cerca... le ho detto che non poteva salire ma a quanto pare è un tipo che non accetta un no come risposta».

Non pensai neanche per un secondo che stesse parlando di Alice, e quando mi sporsi per osservare meglio dalla vetrata della sala, non rimasi stupito nel vedere Rebecca, in piedi sul ponte della nave, vicino all'entrata del locale. 

Non fui l'unico ad accorgermi della sua presenza, dato che uno dei miei compagni di band affermò, con tono acido: «Perché non le chiedi dove sono i nostri soldi?».

Rebecca era sempre stato un tasto dolente nel gruppo e mentre mi allontanavo per raggiungerla non riuscivo a smettere di pensare a quanti modi lei riuscisse a farmi innervosire.

Non solo si era presentata al locale dove lavoro, facendo pressione a John per farla entrare in orario non stabilito, ma aveva anche avuto il coraggio di farsi vedere davanti al mio gruppo. Dopo tutto quello che aveva fatto.

Mettermi a disagio, a quanto sembra, le riusciva meglio di qualsiasi altra cosa al mondo.

Era già furioso quando aprii la porta per uscire sul ponte e, trovandomela davanti, le cose non migliorarono.

«Che ci fai qui? Non puoi stare sulla nave prima che apra...», la salutai così, con freddezza.

Lei non si scompose, come il suo solito, e mi sorrise anche. Eppure, lo vedevo, era agitata, quasi euforica ma allo stesso tempo nervosa. 

«Dovevo parlarti, è importante».

«Bè, fai presto, i ragazzi lì dentro non vedono l'ora di buttarti nel fiume», forse non si aspettava una risposta sarcastica da me - e in fondo potevo comprenderla - o forse era vero che si era presentata sul mio posto di lavoro per una questione importante, perché non cambiò espressione di fronte alla mia ironia mista a indifferenza.

«Farò presto, promesso», tornò a dire, continuando a spostare il peso del corpo da un piede all'altro, e a toccarsi i capelli in modo frenetico.

Rebecca era sempre stata così, preda delle sue emozioni più frivole ed egoistiche. Sembrava una bambina che si eccitava di fronte a qualsiasi cosa, salvo poi dimenticarsene in pochi giorni, pronta a passare ad altro.

Per me era sempre stato difficile tenerle testa e stare al suo passo. Non ero mai riuscito a renderla veramente felice, perché ottenuta una cosa, ne voleva subito un'altra.

E più la guardavo, più mi rendevo conto che nulla era cambiato negli anni. 

«Volevo condividere con te questa bella notizia... mi hanno offerto un lavoro che potrebbe risollevare la mia carriera di cantante», lo disse tutto d'un fiato, con lo stesso sguardo che aveva anni fa, quando mi disse di essere rimasta incinta.

«Sono contento per te», dissi con poca convinzione, mentre in verità avrei voluto chiederle perché lo stava dicendo per primo a me.

Insomma, ero davvero l'unica persona importante per lei in questa città? Non c'era nessun altro, oltre all'ex compagno lasciato da solo anni prima con una bambina da crescere, con cui condividere questa notizia?

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora