16. Tutta la verità, nient'altro che la verità

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«Dove sono finiti i miei calzini?», Gregor sbuffò, aprendo a caso i cassetti del comò.

Io, seduta comodamente sul letto, lo guardavo con circospezione.

«Li ho messi dall'altra parte», gli indicai la direzione con il braccio e lui mi seguì con gli occhi.

Una volta trovati, quasi trionfante, mi chiese: «Perchè li hai spostati?».

«Stanno meglio lì», ribattei semplicemente.

Lui mi fissò per qualche istante, dubbioso. Non gli si poteva nascondere nulla.

«O forse li hai spostati per poter far spazio a tutti i tuoi reggiseni?», affermò lui con una tale sicurezza che in realtà non sembrava neanche una domanda. 

«In questa casa ormai stiamo un po' stretti, non trovi?», continuò a dire, con una tale semplicità, come se stesse parlando del tempo.

«Sul lavandino del bagno non c'è neanche più spazio per appoggiarsi... Non credevo che un tipo come Randy potesse avere così tanti prodotti per la cura del viso».

Mi concessi di sorridere: «Già, hai visto quanti? Anche più di me».

Nell'istante in cui ci guardammo negli occhi scoppiammo a ridere insieme, come sincronizzati. 

Ma non mi ero dimentica delle mille domande che mi frullavano per la testa. Per questo quando tornammo entrambi seri, decisi di accantonare il discorso "riassegnazione degli spazi privati", per concentrarmi su ciò che mi premeva di più.

«Che cosa è successo tra te e Rebecca?», lo stupì a tal punto che non riuscì a mascherare in tempo la sua sorpresa. Finalmente ero riuscita a prenderlo in contropiede. 

«E voglio solo la verità. Sono stata paziente e ti ho dato tempo di trovare il momento giusto, ma il momento giusto sembra non arrivare mai... E se vogliamo fare un'ulteriore passo avanti nella nostra relazione, devi dirmi la verità».

Ero piuttosto decisa nel voler affrontare quel discorso così spinoso. Non avrei ammesso repliche o scuse. In quell'istante, da soli e chiusi nella nostra camera da letto, non poteva fuggire dalle sue responsabilità.

E lo vidi esattamente che fu costretto ad arrendersi all'evidenza e ad accontentarmi.

«Non è che volessi tenertelo nascosto per sempre», mi fece notare lui, probabilmente cercando di ammorbidirmi. Ma io misi le braccia conserte e lo fissai in silenzio, eloquente anche senza parlare. 

Gregor continuò a ricambiare il mio sguardo, sperando forse che potessi rinunciare, ma quando fu evidente che non lo avrei lasciato in pace, si mise seduto sul bordo del letto e cominciò: «Prima d'iniziare con la storia, è bene precisare una cosa».

Lo disse con una tale serietà che quasi mi spaventò. E poi si zittì. 

Sicuramente lo stava facendo per farmi innervosire e fui quasi sul punto di incitarlo, anche urlando, ad andare avanti. La mia curiosità superava ogni limite possibile.

E finalmente lui aggiunse: «Ho conosciuto Rebecca quando stavamo cercando una voce per la nostra banda».

«Ecco perché non vuoi una cantante nel gruppo», scherzai io, nonostante non ci trovassi nulla di divertente in tutta quella storia. Avevo i nervi a fior di pelle e perciò tendevo a sdrammatizzare. 

Lui mi riservò un sorriso un po' tirato, evidentemente non riusciva neanche lui a trovare il lato simpatico della faccenda.

Dal suo volto capivo che per lui era un grande sforzo parlare del suo passato. E lo stava facendo solo per farmi contenta, perciò non potei che essergliene grata. 

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora