41. Confusione, sei tu la mia compagna di vita

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«Che cosa è successo qui? È scoppiata una bomba?».

Alle parole, quasi un po' divertite, della mia amica Kisha, alzai la testa e mi guardai intorno.

Sul grande tavolo della sua cucina, sparpagliati con un ordine tutto mio, c'erano stoffe di vario tipo e colore, template, foto di fiori e palloncino.

Solo in quel momento mi resi conto che quello non era il mio tavolo, la mia cucina e la mia casa.

«Scusami, non sapevo dove appoggiarmi», provai a dire con un sorriso da bambina ingenua.

«Non ti preoccupare, solo che credevo fossi ancora all'aeroporto. Com'è andata?».

Tornai a sistemare i miei template mentre rispondevo alla sua domanda curiosa: «Oh, tanti abbraccia e tanti baci... E anche tante lacrime».

«Hai pianto?».

«Anche Vince», mi lasciai andare ad un sorriso a metà tra il divertito e il nostalgico: «Ha provato a sdrammatizzare, come suo solito, con qualche battuta sull'ora del tè e sulla guida a destra, ma alla fine è scoppiato in lacrime come un bambinone. Seguito a ruota da me e Jo, ovviamente» .

Devo essere sincera, non era stato semplice salutare il nostro programmatore di fiducia. E non solo perché senza di lui non sarei stata in grado neanche di accendere una console.

Vince era l'anima più dolce della nostra famiglia, l'orsacchiotto tenero dalla vena creativa e divertente, e sarebbe mancato a tutti. Ma gli auguravo il meglio, perché è questo che fa un'amica. 

«E con Gregor?», mi chiese Kisha, un po' titubante.

Ci pensai su qualche istante prima di dire: «Non abbiamo avuto modo di parlare o di restare da soli...».

Non sarei neanche riuscita a spiegare cosa era successo con parole che avessero un senso.

Appena lo avevo visto, in piedi davanti all'accettazione, con la figlia accanto e sorridente, il mio cuore aveva perso un colpo.

Mi erano mancati, entrambi, e non ero riuscita a nasconderlo. Comunque lo sappiamo tutti che non sono brava a mentire, quindi non ci provai proprio.

Ma c'era anche un po' d'imbarazzo, soprattutto da parte mia. Non sapevo cosa dire, come comportarmi, se atteggiarmi a naturale oppure no.

Ma per fortuna Emma aveva rilassato la tensione che si era creata spontaneamente con la sua solita allegria, esibendo il suo solito entusiasmo e lasciando intendere dal suo modo di fare che nulla per lei era cambiato.

«È stato un po' strano, ma anche bello».

Nella mia testa c'era tanta di quella confusione che non sapevo neanche da dove cominciare.

«Beh, comunque la stai prendendo abbastanza bene», azzardò Kisha, sedendosi accanto a me e guardando il tavolo con un misto di curiosità e preoccupazione. 

Visto l'enorme punto di domanda invisibile che con molta probabilità era apparso sulla mia fronte, continuò: «Intendo che stai affrontando le difficoltà della vita con molta più maturità dell'ultima volta... Ricordi quando hai scoperto che Daniel ti stava tradendo?».

«Vuoi dire quando sono fuggita di casa con poco e niente e mi sono trasferita da tre perfetti sconosciuti? Quando per riprendermi le mie cose a casa del mi ex fidanzato sono entrata a casa sua di soppiatto? Oppure quando mi sono ubriaca e dimenticata la via di ritorno verso casa?».

Ripercorrere quelle tappe della mia vita, brevemente e con una certa ironia nel tono della voce mi causò una leggera risata. E una parte di me era fiera di poter dire di considerare quei momenti come un'esperienza esilarante che almeno una volta nella vita dovremmo provare tutti quanti. 

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora