4. Jo ai fornelli, un pericolo per tutti

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«Gregor, vuoi aiutarmi oppure preferisci restare lì a guardare come un fesso?».

L'ansia spesso tira fuori il peggio di me ma il mio coinquilino ormai era abituato a trattare anche il lato più irritante della mia personalità.

«Pensavo che avessi detto di voler fare tutto da solo. Ricordo ancora le tue parole. "Voglio fare bella figura con Holly"... Perciò sto facendo quello che mi hai chiesto. Me ne resto in disparte e ti guardo all'opera».

La sua calma serafica mi metteva ancora più agitazione.

«No, tu te ne stai lì e mi guardi fallire», gli sputai addosso, mentre indossavo due presine per il forno e in grembiule.

«Scusami Jo ma proprio non capisco che cosa vuoi da me. Non posso cucinare, non posso aiutarti ma non posso neanche restare qui a fare nulla?».

Si capiva che stava tenendo sotto controllo una risata divertita e in fondo gliene ero grato.

Solo che Holly sarebbe arrivata a momenti e io ero troppo nervoso.

«Beh, protesti aiutarmi senza però metterci le tue mani da chef sapiente».

Holly, da amante del buon cibo, avrebbe senz'altro notato la differenza.

«E come dovrei fare scusa?», mi chiese lui, evidentemente non pronto ad assecondare le mie pazzie.

Non ero mai stato così nervoso per una semplice cena tra amici come in quel momento.

Mi sudavano le mani, il cuore mi batteva all'impazzata e piccole goccioline di sudore mi imperlavano la fronte. 

«Guidami passo passo...», con tono irritato, perfino, lo fissai. Stavo solo aspettando che mi dicesse cosa fare perché, sinceramente, non avevo la più pallida idea di dove mettere le mani. 

Con la sua sua solita saccenteria, incrociò le braccia al petto e sorrise furbo: «Potresti iniziare abbassando il fuoco del sugo, se non vuoi che bruci... e poi, magari, la buttò lì come idea, mettere l'acqua sul fuoco per la pasta».

Da quando frequentava Alice era diventato più sarcastico e, in quel momento, non ero tanto convinto che mi piacesse la versione 2.0 di Gregor. Almeno non quando scherzava su di me. 

Comunque aveva ragione ed evitai di ribattere al suo tono ironico, seguendo quello che mi diceva alla lettera. Movimenti e azioni quasi normali per chiunque, ma in grado di mandare nel panico un incapace ai fornelli come me. 

«Cucina Jo?», il tono stupito di Vince non mi sorprese affatto, anche se finsi di rimanerci offeso, soprattutto perché qualche secondo dopo si rivolse ad Emma, entrata anche lei in cucina insieme a lui: «Cerca il numero della pizzeria, se non vuoi finire la serata all'ospedale».

Avrei riso della sua battuta, perché anche io ero molto scettico sulle me doti nell'arte culinaria, ma ero troppo nervoso per assecondarlo. 

Emma rise di rimando, intuendo subito che Vince stava scherzando, mentre io pensavo che forse sarebbe stato davvero meglio ordinare una pizza. 

«Che c'è? stai morendo per caso?».

«Farò l'annuncio solo quando saremo tutti quanti qui», ripetei per l'ennesima volta da quando ero rientrato in casa e avevo annunciato che quella sera avrei organizzato una cena per una notizia speciale. 

Gregor non aveva chiesto nient'altro, come mi aspettavo da lui, ma Vince mi aveva dato il tormento, iniziando a fare ipotesi - alcune molto discutibili - cercando di indovinare. 

«Potevi anche evitare di dirmi direttamente di avere una notizia da darci, così evitavo di morire di curiosità», si lamentò lui, sedendosi sopra lo sgabello accanto a quello di Gregor e allungando il collo per osservare il cibo sparso sul bancone. 

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora