12. Diffidare di chi fa troppi complimenti

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Eravamo tutti presenti, il giorno in cui Randy sarebbe dovuto entrare in casa. Neanche a farlo apposta. 

O meglio, Jo era di riposo, Gregor di solito non lavorava di pomeriggio e Vince si era preso un giorno libero proprio per accogliere il cugino.

Io, invece, naturalmente ero tornata prima dal lavoro perché volevo vedere il nuovo coinquilino subito, per farmi una prima idea senza essere condizionata da altri.

Già le storie che mi aveva raccontato Jo, e la loro poca propensione a volerlo ospitare, non aiutavano molto. Ma non volevo avere pregiudizi. 

per questo quando Vince lo portò a casa dall'aeroporto, m'impegnai a comportarmi da perfetta padrona di casa. 

Potevo capire meglio di chiunque altro come ci si può sentire nel vivere in un appartamento con un gruppo già consolidato. 

Per questo mi ero ripromessa di dargli una possibilità. Non lo conoscevo e non potevo giudicarlo, anche se di solito mi fido molto del parere di Gregor. 

Quando entrò nell'appartamento aveva solo uno di quei zaini enormi da campeggiatori e un po' mi ricordò il mio primo giorno. Anche io avevo solo una borsa, anche se in seguito poi tornai a casa di Daniel per recuperare le mie cose. 

Era alto, molto alto, e a prima vista non assomigliava per niente a Vince. Poi, però, se si faceva più attenzione, si potevano notare espressioni, smorfie e gesti che mi ricordavano sempre di più il mio amico nerd. Anche il sorriso era lo stesso.

Per il resto però, Randy sembrava la versione più selvaggia di Vince. Forse a causa della barba, o dei lunghi capelli color caramello. O forse perché sembrava davvero uscito fuori da un documentario al'insegna dell'avventura. 

Vince aveva detto che veniva da Los Angeles, e invece sembrava uno che era stato da poco nell'Amazzonia o qualche posto esotico. Un tipo quantomeno interessante. 

Salutò i ragazzi con un leggero cenno del capo e con una mano alzata e puntò dritto verso di me. 

«Tu devi essere Alice, Vince mi ha parlato molto di te», affermò con un sorriso birichino e una voce profonda. 

Mi abbracciò di slancio, lasciando basita. Non feci in tempo neanche a capire che cosa stava succedendo che mi aveva stretto nella sua morsa, però molto confortevole. 

Aveva un forte odore di muschio che quasi mi soffocò. Per questo fui abbastanza sollevata quando si allontanò, permettendomi finalmente di respirare.

L'istinto m'impose di lanciare uno sguardo a Gregor, ma lui era impassibile. Almeno così sembrava dall'alto della sua espressione indecifrabile e le sue braccia consorte. Ciò che stava pensando lo sapeva solo lui, purtroppo. 

«Abbiamo parlato anche di altro in macchina, vero Randy?», aggiunse Vince, lasciando intendere qualcosa che al momento mi sfuggì.

Prestai solo attenzione al cugino che, a sentirlo parlare, alzò gli occhi al cielo, visibilmente scocciato: «Sì, non preoccuparti, ho afferrato il messaggio».

Prima ancora che potessi chiedere "quale messaggio", il nuovo arrivato si era già rivolto a Gregor, con un sorriso da affabulatore: «Vince mi ha detto che sei stato così gentile da cedermi la tua stanza... Ti ringrazio molto, amico».

Vidi chiaramente Gregor irrigidirsi al sentirsi chiamare "amico", mordendosi perfino il labbro. Ma la sua educazione gli impose di restare in silenzio, anche se segretamente avrebbe voluto strozzarlo, ne sono certa.

«Quando mi sarò sistemato, te la restituirò così come me l'hai lasciata», aggiunse Randy, facendogli l'occhiolino. Forse era una mia impressione ma sembrava che qualsiasi cosa dicesse avesse un doppio senso a me sconosciuto.

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora