Un giorno che potevo dormire fino a tardi, mi svegliai all'improvviso con i miei ormai soliti piccoli dolori di stomaco.
Per non svegliare Gregor, che la sera prima aveva fato tardi al locale, mi alzai con l'intento di andare in cucina e prepararsi una tisana.
Assonnata, frastornata e poco attenta, non notai subito la sagoma sul divano ma quasi mi venne un colpo quando mi resi conto che si muoveva.
«Oh mio Dio», farfugliai portandomi una mano al petto. Per un'istante pensai che fosse un ladro poi, riflettendoci con cervello, scartai l'ipotesi.
Quale ladro si ferma a dormire sul divano?
«Ma che diavolo...», non finii di dire che quando l'uomo di voltò incontrai gli occhi altrettanto stanchi, di un Vince parecchio ubriaco.
Lo potevo vedere dalle sue pupille dilatate e rosse, la pelle fin troppo bianca e l'alito che puzzava di alcol... talmente tanto che potevo sentirlo perfino a quella distanza.
«Vince, ma che fai sul divano?».
Lui, ovviamente spaesato, si guardò intorno come se non fosse in grado neanche di riconoscere la propria casa.
«Ah perché non sono in camera mia?».
Domanda retorica alla quale non diedi neanche una risposta, mi limitai solo a sorridere e scuotere la testa mentre chiedevo: «Ma quanto hai bevuto?».
Tentò di mettersi seduto ma si rese conto che era una fatica troppo immane per lui e decise saggiamente di rimanere sdraiato mentre rifletteva.
«Non saprei... No è che ricordo esattamente cosa sia successo, ma che ore sono?», chiese, strizzando gli occhi per riuscire a leggere l'ora scritta su un piccolo orologio digitale accanto alla televisione.
«Le sei me un quarto», risposi con naturalezza, come se fosse normale essere sveglia a quell'ora della mattina.
Ma lui non perse l'occasione per lamentarsene: «Ma che ci fai sveglia a quest'ora?».
Come se il problema fosse la mia insonnia invece del fatto che lui stesse dormendo sul divano.
«Non eri a cena con Amber?».
Lui sbuffò e fece un gesto eloquente con la mano, che stava ad intendere che non avrebbe voluto parlarne, eppure affermò: «E' finita presto, e in modo inaspettato. Così mi sono fatto convincere da Randy ad uscire... pessima idea, aggiungerei».
Notando subito che c'era qualcosa che lo turbava, rinunciai al mio proposito di farmi una bevanda e mi avvicinai.
Trovai posto ai suoi piedi e, fissandolo senza cenno di voler demordere, chiesi: «Che cosa è successo?».
«Te l'ho detto, non ricordo...».
Alzai gli occhi al cielo, continuando a sorridere un po' divertita: «Intendo con Amber».
Mi resi conto dell'istante in cui comprese la mia domanda perché s'irrigidì. Era ovvio che fosse triste e preoccupato per qualcosa e, anche se sembrava reticente, in realtà sapevo che avrebbe voluto parlarne con qualcuno.
Tanto che esitò solo per qualche istante, e poi mi spiattellò tutto. Più parlava e più iniziava a stare meglio, riprese perfino un po' del suo colorito e si mise finalmente a sedere accanto a me.
Io restai ad ascoltarlo attentamente fino a quando non concluse: «Non avrei mica potuto impedirle di partire no? In fondo non avevo molta scelta».
Si vedeva che era disperato perché già aveva immaginato il suo prossimo futuro. Amber sarebbe partita e, prima di farlo, lo avrebbe lasciato sigle.
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Provaci ancora Alice
ChickLitSequel di I disastri di Alice Sono passati sei mesi e la vita di Alice sembra procedere nella direzione giusta. Finalmente è tutto tornato alla normalità, è tutto come ha sempre desiderato. Un lavoro pieno di soddisfazioni, amici sempre pronti a cor...