5. Un po' nervosetta, eh?

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Il giorno dopo il grande annuncio di Jo, mi svegliai tardi. Con un forte mal di testa stanchezza e anche un po' di sconforto.

Non ero proprio in vena di iniziare una a nuova giornata.

Mi stiracchiai quasi contro voglia, con l'intenzione di cambiare posizione e tornare a dormire.

Ma Gregor, in piedi di fronte al letto, attirò la mia attenzione.

«Che stai facendo?», biascicai con la voce impastata, anche se era ovvio. Cercando di non fare troppo rumore, stava cercando di vestirsi.

«Ho un appuntamento a colazione con i ragazzi della band... E prima accompagno Emma a scuola», mi rispose di getto.

Poi probabilmente si rese conto dell'ora e aggiunse: «E tu invece perché non sei ancora in piedi?».

Mi lamentai un po', miagolando quasi, prima di affermare, con il muso: «Mi prendo un giorno di risposo».

Non mi sfuggì la sua espressione preoccupata ma non sarei stata la prima ad affrontare il problema.

Prima volevo vedere quanto ci mettesse a notarlo. E con mia somma gioia, Gregor fu abbastanza svelto.

Si avvicinò dalla parte del mio letto, prese posto seduto vicino a me e, accarezzandomi io viso con il dorso della mano, mi chiese: «Va tutto bene?».

Non gli sfuggiva niente, questo devo ammetterlo. Ma invece di dire la verità, e rivelargli cosa mi turbava, cercai di minimizzare. Per questo annuii con la testa, senza tanta voglia di aprire bocca.

«Ultimamente sei un po' strana, assente. E poi non è da te staccare prima dal lavoro e prenderti un giorno di riposo».

E così, non trovando poi tanta scelta, gli chiesi d'impulso: «Tu lo vorresti avere un bambino con me?».

Mi resi subito conto che la domanda poteva sembrare un po' strana, quantomeno prematura, soprattutto buttata lì quasi con nonchalance. 

E a Gregor ci volle più del dovuto per riuscire a raccogliere abbastanza parole e metterle insieme a creare una frase di senso compiuto.

Spaesato, come un pover'uomo che sta per attraversare una strada infuocata, e intimorito, disse soltanto, forse cercando di sviare la domanda: «Dobbiamo parlarne proprio adesso? A quest'ora della mattina?».

Decisa ad andare avanti, perché ormai avevo lanciato il sasso e non volevo nascondere la mano, mi misi seduta per poterlo guardare meglio e ripetei: «Ma tu lo vorresti un figlio da me?».

Intuivo che non avrebbe voluto rispondere a quella domanda, ma non aveva molte possibilità di scamparla, visto e considerato che era stato lui ad aprire il discorso e a chiedere. 

«Credo che sia un po' troppo presto per parlarne. Intendo dire che, ci conosciamo da poco tempo, ci frequentiamo solo da sei mesi... E poi la mia situazione adesso è ancora altalenante e...».

Ma non ce la feci a lasciarlo finire di parlare. Era in evidente in imbarazzo, forse perché si sforzava di trovare sempre più scuse per non dire apertamente come stavano le cose.

Per questo alzai una mano per interromperlo e presi la parola, con ancora più decisione: «Ti ho fatto una domanda Gregor, e avrei voluto sentire da te un "sì" o un "no"».

Scansai le coperte e mi feci spazio per poter scendere dal letto, costringendolo a farsi da parte. Avevo bisogno di mettere un po' di distanza tra di noi, perché non riuscivo a controllarmi. 

«Alice, sono tornato a fare il padre da poco. Ho appena riallacciato i rapporti con Emma ed io e te non ci conosciamo abbastanza».

«Lo sai vero che io non ho tutto il tempo del mondo?», mi resi conto che stavo alzando la voce ma non m'importava di essere sentita anche dagli altri.

Provaci ancora AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora