Capitolo 3

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La pioggia aveva smesso di cadere, lasciando spazio a un timido sole. Respirai profondamente. Esisteva qualcosa di meglio del profumo della pioggia? Presi coraggio e tornai a casa.
Avevo una profonda paura di affrontare i miei genitori. Ero certa che non avrebbero capito, che non mi avrebbero lasciata andare. Avevano un piano per me e non si aspettavano che anche io, come mio fratello, li avrei delusi.
Era ora di cena, la tavola era apparecchiata come sempre. Il posto della mamma sotto la finestra, quello del papà vicino alla porta e io in mezzo. Davanti a me di solito si sedeva mio fratello, ma, da quando aveva deciso di disobbedire, il suo nome non veniva nemmeno più pronunciato. Semplicemente per loro non esisteva più.
Come di consueto, regnava il silenzio.
D'un tratto presi coraggio ed esordii dicendo: "io ho deciso cosa fare..". Certo potevo trovare una frase più ad effetto, ma quella fu l'unica che mi venne in mente. Stupiti si voltarono verso di me
perché quella frase aveva rotto quella calma apparente e falsa.
Mio padre appoggiò la forchetta nel piatto, alzò lentamente la testa e disse in tono distaccato "Tu sai che è tutto pronto, fatto apposta per te."
"Io non voglio fare quello che avete deciso per me, ma quello che ho deciso per
me."
"Che cosa vuoi dirci cara?" mi interruppe mia madre.
"Che ho scelto di andarmene da questo posto che inizia a starmi stretto...".
Mio padre si alzò senza proferire parola mentre mia madre mi lanciò un'occhiata
così gelida che mi sentii rabbrividire. Mio fratello aveva tentato prima di me
questa mossa e loro come risposta lo cacciarono di casa. Da quel giorno iniziai
ad odiarli profondamente.
Le mani mi sudavano, ma ripresi: "ormai ho deciso, me ne vado...".
Mio padre si alzò freddo come una statua, tenendo la sua mano in quella di mia
madre, il vero amore della sua vita. Vederli così uniti mi spaventò molto.
"Tu non farai niente di quello che hai deciso perché come ti ho già detto è tutto
fatto su misura per te...". Mano nella mano se ne andarono a letto. Questa volta
non era stata emessa nessuna condanna all'esilio.
Avevo deciso di andarmene e così feci. Loro non potevano obbligarmi a
fare niente.
Presi la valigia e la riempii con due vestiti, infilai i soldi in tasca e
scrissi un biglietto: "me ne sono andata, non potete costringermi a fare quello
che volete, io ho altri piani. Non cercatemi. Emma".

IO SONO EMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora