Capitolo 46

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Andai di corsa a casa. Sapevo che Sergio non ci sarebbe stato e mi sentii sollevata perché non avrei dovuto dare tante spiegazioni per quei lividi sulle braccia. Feci sbattere la porta e tirai un respiro di sollievo. Poi guardai l'orologio e mi accorsi di essere in un ritardo mostruoso, così decisi di chiamare Giorgio per dirglielo.
"Ciao Giorgio sono Emma."
"Ma che fine hai fatto? Dovevi essere qui 20 minuti fa" disse con un tono leggermente arrabbiato.
"Lo so, ma ho avuto un po' di problemi."
"Qualcosa di grave?" La rabbia sembrava svanita d'un tratto.
"No, niente" decisi di non dirglielo.
"Fra quanto arriverai?"
"10 minuti e sono lì, scusami ancora. Ti renderò il favore."
Non sapevo ancora che non avrei più potuto fargli alcun favore, che il mio tempo stava per scadere.
"Non preoccuparti, però sbrigati altrimenti quando arrivo a casa chi la sente la mia ragazza?"
"Scusami scusami scusami."
"Basta con queste scuse e sbrigati!"
"Ok a tra poco. Ciao."
"Ciao."
Riattaccai il telefono e mi diressi nella mia stanza. Accesi la radio ed inserii il mio cd preferito. Avevo bisogno di sentire quella canzone per pensare positivo visto che niente andava per il verso giusto. Mi buttai nel letto, ero esausta, la battaglia con Samuele mi aveva stremata.
"Dai Emma- mi dissi- c'è Giorgio che ti sta aspettando, devi sbrigarti".
Il cuore mi batteva forte e non accennava a rallentare. L'adrenalina era a valori così alti che sarei potuta scoppiare da un momento all'altro. Contro voglia decisi di alzarmi. Mi cambiai d'abito poi uscii. Per strada mi guardavo intorno per paura che Samuele si nascondesse e a ogni angolo la mia sofferenza si rinnovava. Avevo la strana sensazione che la nostra discussione non fosse completamente finita. Forse il capitolo finale si sarebbe dovuto ancora svolgere, ma non volevo pensare negativo altrimenti la depressione avrebbe dilagato in me.
Finalmente arrivai al negozio, non avevo incontrato ostacoli, ma tutto era filato troppo liscio per convincermi.
"Ciao!"
"Era ora che arrivassi! Io non sono pagato per fare il tuo turno."
"Lo so, lo so. Ma ti ho detto che ho avuto dei problemi."
"Quali problemi?"
"Dei problemi" tagliai corto.
"Non te la caverai così facilmente, devi dirmi tutto."
"Ma tu non dovevi andare a casa?" tentai di cacciarlo, ma non ce la feci.
"Su, racconta."
"Vedo che non molli, bene. Ho incontrato Samuele all'università, ma non ci siamo parlati. Poi sono andata in centro ed è riuscito ad avvicinarmi. Vedi questi? -gli dissi indicando i miei lividi- Sono opera sua. Sono andata a casa perché tremavo dalla paura e avevo bisogno di tranquillizzarmi un po'. Ti basta come spiegazione?"
Mi guardava allibito, forse quel vomito di parole lo aveva spaventato.
"Ah..." riuscii solo a dire.
"Come, solo questa la tua reazione? Tu non vuoi chiamare Sergio per avvisarlo di tutto?"
"Tu che dici?"
"Che non devi assolutamente farlo!" gli urlai contro questa frase, senza accorgermene e senza volerlo.
"Scusa, non volevo metterti fretta, ma io non sapevo" ammise candidamente.
"Non importa, ora va prima che la tua ragazza ti uccida."
"Vado solo se mi prometti di stare in guardia."
"Promesso!"
"Ok, ciao."
"Ciao e grazie ancora."
Se ne andò lasciandomi sola.
In realtà non ero sola, c'era Samuele che mi spiava nascosto nel parco. Sfortunatamente nessuno se ne accorse. Neppure io.

IO SONO EMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora