Capitolo 47

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Quella sera non venne tanta gente così potei guardarmi un film in santa pace. A un certo punto il telefono squillò, era Sergio.
"Ciao, che fai?" La sua voce mi rassicurava sempre, era un lenitivo perfetto per le mie ferite.
"Sto guardando "I passi dell'amore."
"Ancora!" sbuffò leggermente.
"Certo."
"Qualcosa non va, mi sembri giù di corda".
La sua non era una domanda, ma una vera e propria affermazione. Aveva intuito qualcosa, ma non potevo permettergli di indagare oltre e di preoccuparsi per una cosa che ritenevo conclusa. Mai avrei immaginato che Samuele si rifacesse vivo per concludere la sua opera definitivamente.
"No, ma che dici?" risposi tentando di modificare il tono della mia voce per cercare di non essere scoperta.
"Hai una strana voce" mi conosceva troppo bene.
"Sono solo stanca." Fu l'unica scusa che mi venne in mente. Banale, ma l'unica.
"Ok, allora ci vediamo dopo". Ci cascò e non indagò oltre. Si fidava di me.
"No, aspetta devo dirti una cosa importantissima."
"Cosa?" Domandò curioso.
"Non devi entrare nella mia stanza" dissi in tono perentorio.
"Perché?"
"C'è un regalo per te sopra la mia scrivania, ma non lo avrai fino a domenica."
"Perché? Domenica è forse un giorno speciale?"
"Ma sei pazzo? Domenica è il nostro anniversario!"
"Ehi, stai calma, me lo ricordavo, ma volevo stuzzicarti un po'".
Lo sentii ridere e il ghiaccio dentro di me si sciolse di colpo. Quanto lo amavo!
"Sei proprio cattivo" gli dissi dipingendomi sul volto un finto broncio.
"Lo so" mi disse sorridendo e io colsi la sua ilarità.
"Perché ridi?"
"Perché ogni volta te la prendi."
"Ti diverti a prenderti gioco di me?"
"Non potrei mai, io ti amo."
"Forse ti sei salvato in corner"risposi maliziosa.
"Dai, non te la prendere, sai che mi piace stuzzicarti."
"Lo so."
"Allora mi vuoi dire o no cosa mi hai regalato?"
"No. E tu non devi intrufolarti nella mia stanza per vedere cos'è, capito?"
"Capito."
"Allora me lo prometti?"
"Sì!"
"Devo lasciarti, è arrivato un cliente. Ci vediamo dopo amore mio."
"Ok, ciao, ti amo."
"Anche io" poi chiusi il telefono.
Ero tranquilla dopo l'incontro del pomeriggio; tuttavia non mi piaceva rimanere sola in negozio così pregavo che venisse gente. Ma quella sera ne arrivò meno del solito. Così avevo tanto tempo per pensare alle mie sfortune, ma non mi feci travolgere da quel pessimismo.
"Devi pensare positivo- mi dicevo- lui non tornerà, oggi ha capito quello che provi per lui. Lo odi e lui ha ricevuto il messaggio. Non tornerà, stai tranquilla".
Tra questi pensieri passò velocemente, ma in modo molto angoscioso, il mio turno. Era ora di abbassare la saracinesca e di chiudere il negozio. Ero sollevata. Tra me e Sergio c'erano solo quei 500 metri di strada che dovevo percorrere per arrivare a casa, per essere tranquilla. Non mi sarebbe successo niente e mi sentivo al sicuro. Abbassai la guardia e divenni vulnerabile.
E fu allora che Samuele attaccò definitivamente.

IO SONO EMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora