Capitolo 25

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Samuele tornò a farsi vivo dopo quasi un mese di totale assenza, questo era il suo stile di vita anche se quelle continue mancanze mi facevano diventare sempre più sospettosa.
Eravamo a casa sua, stavamo per pranzare, quando decisi di chiedere spiegazioni. "Ma tu che fine fai quando te ne vai e non ti fai più sentire?"
"A te che ti importa?" rispose brusco.
"Mi importa e come, tu sei il mio uomo!"
"Lo so, ma non devi invadere i miei spazi!"
"E tu non puoi lasciarmi così, senza una spiegazione."
"Sì, che posso!"
"Lo faresti se avessi un'altra donna!"
Queste parole risvegliarono la sua ira. Mi si avvicinò come una bestia, rovesciando tutto quello che c'era tra di noi. Ebbi paura e mi misi a correre, ma lui riuscì a prendermi. Mi buttò per terra ed iniziò a schiaffeggiarmi così forte che il volto smise quasi subito di farmi male, si era atrofizzato. Decisi di ribellarmi. Riuscii a divincolarmi non senza fatica assestandogli un gran colpo. Mi alzai in piedi e mi misi a correre, ma riuscì a riprendermi per un piede facendomi cadere per terra e sbattere la testa sull'unica sedia che era rimasta in piedi, dopo l'uragano che era passato in quella casa. Iniziò a colpirmi di nuovo sullo stomaco, sul torace, sul volto, fino a quando non si placò ed io riuscii a scappare. Il mio sangue era sparso sul pavimento, sentivo il viso gonfio e mi facevano male le costole. Spaventata mi avvicinai, correndo, alla porta.
"Sei un mostro!" gli dissi chiudendola violentemente.
Uscii, presi il cellulare e chiamai Sergio.
"Vienimi a prendere ti prego!"
"Che è successo?" mi rispose preoccupato.
"Non farmi domande, sono a casa sua, a casa di Samuele, ti prego corri prima che ricominci..."
"Ti ha fatto un'altra volta del male?"
"Corri, sta tornando, aiuto!!!"
Chiusi la telefonata e cominciai a correre per le scale. Mi aveva sentito parlare e la sua furia era iniziata di nuovo. Mi correva dietro come un pazzo. Arrivai al piano terra proprio mentre Sergio entrava. Ero salva.
"Andiamocene, presto, corri!" gli intimai.
Obbedì senza farmi alcuna domanda.
Salimmo in macchina e ce ne andammo a casa. In due minuti fummo dentro il nostro appartamento e lì cominciò l'interrogatorio di Sergio.

IO SONO EMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora